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Profeti e fedeli, condottieri e soldati, imperatori e sudditi, leader e seguaci. La storia in generale è scandita dai grandi eventi legati alle figure importanti e non si occupa quasi mai degli altri, che sovente pagano i prezzi degli errori dei grandi. Cesare, Carlo Magno, Napoleone, Cristoforo Colombo, i Papi più importanti, i Re più famosi, i vincitori delle grandi battaglie sono sempre stati esaltati per i loro straordinari successi, raramente ci si è soffermati sul dramma del capo troppo spesso solo nel compiere le scelte ed abbandonato nel momento della disgrazia. Alla fine considero più fortunato Carlo Magno, morto prematuramente, che non ha conosciuto la disperazione della solitudine o del tradimento, o Giulio Cesare, che ne ha avuto la percezione solo per un attimo. Basterebbe pensare al maggiore protagonista della vittoria della Seconda guerra mondiale, Winston Churcill, che perse le successive elezioni, o, peggio, allo strazio di Napoleone a Sant’Elena, morto di dolore o a Hitler, che, sia pure per poco tempo, conobbe l’amarezza, sia pur meritata, della sconfitta.

Oggi, una stagione europea molto difficile ci descrive la solitudine dei suoi leader. Angela Merkel certamente soffrirà nel sentirsi abbandonata dai capi dei Paesi dell’Est per i quali ha obiettivamente fatto molto e che oggi ne prendono cautamente le distanze. Hollande, dopo l’acuto lanciato in seguito alle stragi di Parigi, che lo aveva rimesso al centro della scena, non può non patire la perdita evidente di quella grandeur di un momento, nonostante cerchi di stare impettito e sollevato sulle punte dei piedi in occasione dei vertici, non riuscendo tuttavia a librasi in alto. Cameron sta giocando una carta rischiosa, ma esaltante, dopo aver condotto una trattativa molto difficile con l’UE ed aver ottenuto importanti concessioni. Nella sfida non ha contro soltanto gli euroscettici del suo Paese, ma anche metà del suo stesso partito con alcuni Ministri del proprio Governo e gran parte dell’elettorato britannico, pragmatico e legato ad una tradizione isolazionista. Se in occasione del referendum sulla Brexit finirà col vincere, sarà un trionfo che lo incoronerà come statista di prima grandezza, ma, se dovesse perdere, sarebbe la sua fine.

Il nostro piccolo Matteo, che ai vertici europei appare sempre più malvestito, pingue, spettinato è disorientato, certamente patisce una condizione di quasi completo isolamento, specialmente dopo aver lanciato accuse, a volte anche fondate, all’Europa, ma in modo poco accorto, rivelandosi uno sprovveduto. Quasi nessuno presta attenzione alle sue farneticazioni su un’Italia, che, a dispetto dei dati, non cresce. La stessa Mogherini, che gli deve tutto, pur nella sua infinita pochezza, non gli rivolge neppure la parola e, forse, il saluto. Eppure nel nostro Paese non si ricorda un Capo di Stato, che abbia avuto una concentrazione di potere altrettanto grande. Domina il suo partito, anche grazie ad una larga fascia di opportunisti che ha facilmente conquistato e di una opposizione, resa cauta e timorosa, dopo le numerose rottamazioni, che hanno avuto sovente il sapore di epurazioni. Ha una maggioranza parlamentare ampia e che si accresce ogni giorno a causa delle continue conversioni di senatori dell’opposizione, fino al punto di avergli consentito in più occasioni di far ricorso al cosiddetto emendamento canguro o premissivo, che, paralizzando la facoltà di emendare le leggi, di fatto, finisce col cancellare il ruolo tipico del confronto parlamentare. Domina il Consiglio dei Ministri, dove ha collocato mediocri personaggi, che non sono in condizione di obiettare nulla. Governa la pubblica amministrazione, ai cui vertici ha collocato propri fedeli ed è padrone assoluto delle aziende pubbliche, compresa la RAI, oltre a godere di una stampa plaudente ed asservita. Nonostante le riforme decise in solitudine ed imposte quasi manu militari, superando non soltanto Berlusconi, ma persino Mussolini, i numeri lo condannano. Infatti la crescita dell’Italia è debolissima, il debito pubblico aumenta, la disoccupazione non diminuisce, pur di fronte alle condizioni favorevoli determinate dalla enorme liquidità fornita dalla BCE a costo zero, dalla riduzione del costo del petrolio e delle altre materie prime, dall’apprezzamento dell’Euro sul dollaro. Purtroppo le sue sbandierate riforme sono state un bumerang e sa di rischiare l’osso del collo se il referendum sulle modifiche costituzionali dovesse andargli male. Mi viene di pensare in questi giorni alla sua solitudine, condannato, come è, ad una folle corsa al continuo rilancio, senza paracadute. Penso alla rabbia di essersi fatto beffare come un dilettante sulla legge delle Unioni Civili dai Cinque Stelle, che gli e l’avevano promesso sin dai giorni del volgare attacco sulla vicenda di Quarto. Persino il mite Mario Monti, che aveva criticato in Senato la sua politica europea ed aveva ricevuto una risposta arrogante, sul Corriere della sera, apparentemente ridimensionando la ragioni del dissenso, da raffinato docente universitario, gli ha assestato un schiaffo in pieno viso. Ribaltando le sue stesse parole, ha scritto: ” Pur non essendo ignaro d’Europa, non possiedo certo la verità. E mai dirò che non accetto lezioni”.

Una solitudine disperata e disperante quella di Renzi, che non invidio, con un solo alleato: la mancanza di alternative, a causa dell’inaffidabilità delle opposizioni, dedite al tatticismo ed alla protesta e che non sembrano capaci di costruire alternative convincenti.

Tuttavia penso al suo terrore se, nel cuore della notte, dovesse essere assalito dall’incubo di una congiuntura economica internazionale ancora più negativa, di un ulteriore tempesta borsistica con relativa risalita dello spread, di una nuova procedura di infrazione per eccesso di deficit da parte della Commissione Europea, sapendo di non aver nessuno al quale poter telefonare per chiedere un consiglio. Proverebbe la sensazione di sentirsi molto solo e saprebbe anche di correre il rischio che molti giullari e soubrettes della sua corte potrebbero prendere la fuga, lasciandolo solo con la prima ballerina azzoppata dalla trappola nella quale è rimasta impigliata nei boschi dell’Etruria. Se poi dovesse apparirgli in sogno il freddo sorriso, privo di emozioni, del Capo dello Stato che pronunciasse, in sintonia con l’Europa, il nome del nuovo Mario Monti di turno per guidare una maggioranza di unità nazionale, non vorrei in quella notte trovarmi al suo posto.

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