Dopo quasi trent’anni non consecutivi in cui il suo nome è stato associato – come giocatore, allenatore e infine dirigente – al Real Madrid, Jorge Valdano è stato costretto a lasciare, forse definitivamente, la Casa Blanca. L’ormai ex direttore sportivo, sostituito da Zinedine Zidane, si è rivelato una presenza troppo ingombrante per l’altro inquilino, quel Josè Mourinho che, tra le altre cose, è l’allenatore più popolare del calcio moderno. Due personaggi carismatici, due filosofi, ma soprattutto due modi inconciliabili di intendere la vita e il pallone. Il dionisiaco Mourinho ha battuto l’apollineo Valdano.
Mourinho, il filosofo di Setubal, l’allenatore pluri-vincente, l’inventore di slogan immortali (“zero tituli” e “prostituzione intellettuale” su tutti), lo conosciamo tutti, visto che le ceneri dei suoi incendi italiani ancora non si sono del tutto raffreddate. Su Valdano vale la pena rinfrescarsi la memoria. E’ stato calciatore sopraffino (mise il proprio sigillo nel mondiale vinto dall’Argentina nel 1986, e dopo il celebre gol di Maradona all’Inghilterra – quello in cui Don Diego fece tutto da solo – ebbe l’ironia di lamentarsi con il compagno perché non gli aveva passato il pallone nonostante fosse in buona posizione), allenatore illuminato (sulla panchina del Real Madrid vinse giocando bene), direttore sportivo ascoltato (fino al presente epilogo, Florentino Perez – il ricco presidente del Real – non faceva un passo, e non spendeva un euro, se prima non l’aveva consultato), giornalista ricercato (si sprecano le testate con cui collabora, in Spagna e in Argentina), scrittore ispirato. Last but not least, Valdano è un dandy impeccabile, e passeggiando per Madrid si può essere così fortunati da incontrarlo con addosso un paio di memorabili pantaloni color carta da zucchero, sempre disponibile a scambiare due parole.
Anche José Mourinho è un dandy. Il dandismo del portoghese attiene però al profilo sociologico del termine, perché stiamo parlando di un moderno Oscar Wilde, di un personaggio dotato di spirito che rompe le convenzioni della sua epoca, non solo per il gusto della provocazione, ma anche per quello di palpare la mediocrità che lo circonda, ed avere così cognizione della propria superiorità. Se Mourinho incarna l’etica del dandy, Valdano ne rappresenta l’eleganza, ed è per questo che, in un anno di forzata convivenza, hanno scoperto che si assomigliano e hanno finito per detestarsi, fino a non parlarsi più.
Mourinho è una persona ambiziosa, pragmatica, vincente, egocentrica, accentratrice, e si capisce che non ha mai tollerato la presenza di Valdano, figura illuminata, incarnazione dei valori più puri del Real, che antepone lo stile al successo. Così come si capisce chiaramente che Valdano ha ingoiato amaramente la pillola Mourinho, perché la sua idea di calcio la mette in pratica il “nemico” Guardiola, che a Barcellona ha dato più importanza al gioco che al risultato. Ogniqualvolta Mourinho ha alzato i decibel dello scontro, alla ricerca del rumore dei nemici, Valdano ha abbassato i toni, affidandosi all’arte della dialettica in cui gli argentini eccellono. In questo teatrino, per inciso così simile alla politica italiana, va aggiunto che un signore come Valdano soffre anche un mondo del calcio che, fagocitato da soldi e interessi, è molto cambiato. Prima un direttore sportivo aveva un rapporto diretto con il giocatore e una sua parola contava più di dieci contratti, mentre adesso fa fatica a districarsi nella pletora di agenti, procuratori, padri, cugini, fidanzate, pr, avvocati che gli girano intorno. Senza contare il boom delle televisioni, di quella società dello spettacolo (che Mourinho ha saputo cavalcare meglio di chiunque altro) che nasconde il paradossale segreto di occuparsi senza soluzione di continuità di un personaggio (Mourinho e Valdano stessi) senza arrivare neanche lontanamente a conoscerlo davvero.
Anche perché uno come Valdano è impossibile conoscerlo davvero: quando poco tempo fa un giornalista appoggiò due registratori di fronte a lui prima di un’intervista, lo guardò con i suoi occhi scuri e commentò: “Ah! Il primo è per registrare le mie parole, il secondo per registrare i miei pensieri”. Pensieri e parole dell’ultimo dandy del calcio.
