Luchino Visconti nel 1969 si cimentò da par suo nel difficile tentativo di descrivere la decadenza morale di una grande famiglia di industriali tedeschi, produttori di materiale bellico, indissolubilmente legati al nazismo. La narrazione delle vicende di sconfinata abiezione morale che portarono alla distruzione della dinastia, prese il titolo appropriato de “La caduta degli dei”. Il talento artistico di Visconti, insieme alla effettiva drammaticità degli eventi, rappresentarono una raccapricciante, ma drammaticamente realistica fotografia del clima politico e morale di quel momento di delirio nazista.
Se un regista oggi volesse ispirarsi alle vicende politiche del momento ed all’intreccio tra potere politico, finanziario ed economico, potrebbe al massimo realizzare “la caduta delle marionette”, figure insignificanti di cartapesta, verbose e supponenti, sia pure nella presuntuosa consapevolezza di non contare nulla.
La Brexit è stata un fatto traumatico per l’Europa, e non tanto per l’allontanamento di un Paese che non ha mai sentito profondamente l’ideale europeo, ma per i difficili equilibri che, in assenza di un importante attore come la Gran Bretagna, in conseguenza si determineranno. Inevitabilmente registreremo un ulteriore rafforzamento del peso della Germania, che tuttavia non dispone di un leader all’altezza, e lo ha dimostrato, evitando di affrontare di petto la questione e preferendo rifugiarsi nella ricerca di precari equilibri del momento per prendere fiato e negoziare in un arco di tempo medio lungo un’uscita morbida dall’UE del Regno Unito, che potrebbe rimanere un Paese associato in una zona di libero scambio, come la Svezia. Tuttavia il Regno Unito è ben altra cosa. Quindi, a nostro avviso, se non é membro autorevole dell’Unione, é meglio che non lo sia per nulla. In tal senso ha fatto la propria scelta, dalla quale, almeno a breve termine, non può tornare indietro. La Francia, col suo fragile burattino Hollande non è in grado di interferire ed, a propria volta, il pupazzo Renzi soffre di una eccessiva debolezza, oltre che politica, a causa della sua modesta statura, ma anche obiettivamente quale Paese con un debito pubblico esorbitante, che dal contraccolpo Brexit potrebbe pagare conseguenze altissime. Infatti, pur tra numerose, quanto patetiche smentite, l’Italia è stata autorizzata ad approntare un forse insufficiente progetto salva banche, probabilmente imposto da Draghi, in considerazione dell’emergere di un analogo problema di alcune Banche tedesche, cominciando dalla grossissima Deutsch BanK, tecnicamente in default. La patetica marionetta Junker rimane al suo posto sol perché è l’uomo di fiducia di Merkel, nonostante si sia dimostrato totalmente incapace, privo di idee e di autorevolezza. Per completare il quadro di incertezza, giunge la notizia che devono essere ripetute le elezioni di ballottaggio in Austria per sospetti sul voto per posta ed il cui esito è tutt’altro che scontato. Non si può quindi tergiversare sull’uscita della Gran Bretagna, che deve avvenire al più presto e senza equivoci, perché quando il popolo ha parlato, in democrazia, tutti devono inchinarsi senza discutere. L’evento è disastroso, ma è inutile parlarsi addosso. Peggio per chi non ha capito ed ha rischiato di rompersi l’osso del collo. La prima vittima è Cameron, ma ne seguiranno altre, probabilmente a cominciare da Junker, che ha dimostrato di non essere all’altezza e dovrebbe affrettarsi a dare le dimissioni.
Come in ogni vicenda negativa, o drammatica, dietro le pieghe si nascondono delle opportunità. Nel caso dell’Europa, questa è determinata dalla possibilità, direi necessità, di riprendere l’iniziativa in grande stile da parte dei sei Paesi fondatori, ripartendo dalla dottrina ispiratrice dei trattati di Roma ed ancor prima da quello di Parigi del 1951, che prevedeva anche la difesa comune, oggi, non più soltanto necessaria, ma indispensabile, e ponendo mano quindi alla riapertura del capitolo della Costituzione Europea, perché è impossibile immaginare l’esistenza di uno Stato federale senza una Costituzione. Se gli altri 21 vorranno seguire, meglio, altrimenti non si può che pensare ad una Europa a due velocità. La gran parte sarà concorde, anche per mancanza di scelte alternative. Il problema vero è che per realizzare il necessario salto di qualità verso l’Unione politica, approfittando delle difficoltà del momento, ma anche della consapevolezza che una reazione positiva è urgente per non essere travolti dai populismi, è indispensabile la figura di un leader ispiratore ed un contorno di Capi di Stato e di Governo in grado di capire la specialità del momento, i quali non frappongano ostacoli, anzi contribuiscano alla realizzazione del disegno. Se Ungheria, forse Polonia, Grecia, o altri Stati minori non volessero accettare di cedere una quota talmente grande di sovranità, pazienza. L’Europa federale va realizzata lo stesso e subito. Bisogna cominciare da una polizia unica per tutelare le frontiere esterne; dopo si dovrà, per assestare l’Euro, creare un sistema continentale di garanzia bancaria e di supporto per il debito pubblico, infine urge un’armonizzazione fiscale rapida e ad ampio raggio, oltre ad un progetto di largo respiro per offrire prospettiva di futuro alle generazioni più giovani, oggi prive di speranza e pronte a cadere nella perfida rete dello sterile populismo protestatario.
Rimangono poche occasioni, pochi giorni poche ore; dopo, la demagogia populista distruttiva ed autoritaria prenderà inevitabilmente il sopravvento, senza di certo poter volare alto a causa della mancanza assoluta di un progetto, mentre riuscirà a spazzar via quel poco che, all’interno delle complesse e burocratiche istituzioni dell’Unione, nei decenni, è stato faticosamente costruito e che, nonostante tutto, ancora regge della fragile solidarietà continentale.
