Presidente Mazzella, il PLI intende formulare una proposta di riforma del sistema giudiziario italiano, che funziona male, è  troppo lento e sovente, non funziona quasi del tutto, arrecando un grave danno alle imprese ed all’economia in generale. Lei ha una vastissima esperienza giuridica, quale Avvocato Generale dello Stato, Giudice e Vice presidente della Corte Costituzionale e Ministro per la Funzione Pubblica. Teniamo pertanto molto alla sua opinione su alcune questioni cruciali.

Condivide il nostro progetto di unificare in un unico ordine tutte le magistrature, eliminando quella amministrativa e quella tributaria ed istituendo invece sezioni specializzate per le diverse materie, come oggi già avviene tra civile e penale?

Sì. E’ una tesi che ho prospettato più volte in articoli, note, interviste, dibattiti.  Sempre, però, senza alcun successo, come dimostra la situazione attuale. Per affermarla ancora e vederla realizzata occorre combattere contro due vizi tipici del Bel Paese: a) l’amore per gli arzigogoli e le fumisterie (li vede i nostri colleghi rinunciare a scrivere pagine e pagine su un caso dubbio di diritto soggettivo o interesse legittimo?); b)il retaggio medioevale, rinverdito da Mussolini, delle corporazioni. Magistrati ordinari, magistrati amministrativi, magistrati tributari sono ormai corporazioni diverse…Intanto cerchiamo di ottenere che i magistrati ordinari e amministrativi facciano soltanto ciò cui li abilita la vittoria a un pubblico concorso. Il loro compito di impiegati statali è di amministrare giustizia e basta. Non è prevista alcuna loro gimcana tra i poteri dello Stato. Oltretutto, entrano a far parte di un Ordine non di un Potere che è sempre e solo espressione (diretta o indiretta) della sovranità popolare. Oggi un magistrato passa, con l’aiuto certamente non disinteressato dei Partiti politici, a fare il Legislatore e anche il Ministro, senza perdere la sua identità professionale originaria. E’ una potente violazione del principio della divisione dei Poteri. Pensi che in alcuni Stati i membri del Parlamento non diventano Ministri, senza lasciare il seggio di provenienza. Non vedo neppure i magistrati come consulenti dell’Amministrazione. Non si devono dare pareri a gogò su questioni sulle quali poi si potrebbe essere chiamati a giudicare. Last but not least: la separazione delle carriere di giudice e p.m. Il mio primo articolo sul tema l’ho scritto su MONDOPERAIO nel 1982. Può realisticamente pensare che io ne parli ancora? L’Italia, ma forse tutta l’Europa Continentale, sono rimasti luoghi d’elezione dell’Autoritarismo: da quello Napoleonico a quello delle Monarchie Centrali, da quello dittatoriale Mussoliniano a quello Hitleriano, Franchista, Salazariano  a quello dei Paesi satelliti dell’Unione Sovietica. Il terreno di coltura è considerato ancora fertile se di recente gli Italiani hanno dovuto difendere la democrazia nel modo che lei sa. Allora diciamoci che la speranza è l’ultima a morire e illudiamoci di avere in futuro una giustizia come quella concreta ed efficace dei Paesi pragmatici ed empiristi e com’era quella della Roma repubblicana.

Non le sembra strano che, come Lei ha detto, una persona, per il solo fatto di aver vinto un concorso pubblico, possa accusare e giudicare chiunque, di fatto senza rispondere dei propri errori, (anche quando risultano grossolani o gravi) può essere distaccato al servizio del potere esecutivo e passare a quello legislativo, senza alcuna incompatibilità almeno limitata nel tempo?

Certamente. I bizantinismi del nostro sistema giudiziario vanno eliminati. Noi, però, siamo gli eredi Bisanzio non della Roma repubblicana! 

Concorda con la proposta liberale della eliminazione del principio, divenuto anacronistico, dell’obbligatorietà dell’azione penale, che significa di fatto discrezionalità da parte dei PM, prevedendo periodici atti di indirizzo parlamentare per fissare le priorità?

L’obbligatorietà dell’azione penale sancita dalla nostra Costituzione in un’epoca in cui non era prevedibile il dilagare attuale della corruzione e la proliferazione enorme di ogni genere di crimine aveva un senso che oggi non ha più. E’ diventata lo schermo dietro cui si nasconde la discrezionalità e, in via di astratta ipotesi, l’arbitrarietà della scelta di un semplice dipendente pubblico dello Stato di stabilire quali reati  perseguire con assoluta priorità e quali tralasciare. Si tratta di un compito troppo delicato per non essere circondato da idonee garanzie. In alcuni Paesi è il Parlamento a farlo. Quanto alla responsabilità dei magistrati abbiamo visto che nel nostro Paese  neppure la sovranità popolare espressa con un referendum è in grado di funzionare!

Cosa pensa di introdurre il principio dell’inappellabilità delle sentenze assolutorie di primo grado in sede penale e invece della provvisoria esecutorietà di quelle di secondo grado, alleggerendo i ruoli della Cassazione, ovviamente da approvare con legge costituzionale?

Le sue ipotesi sono accettabili ma io vorrei evitare di anticipare nel dettaglio le proposte concrete. Non solo perché sarà cura del Parlamento formularle, ma anche e soprattutto perché mi sembra che la discussione sui principi abbia un valore preminente sul piano della democraticità del nostro sistema. 

Concorda sulla critica diffusa dell’uso troppo discrezionale che fanno i giudici di sorveglianza nell’accordare permessi e ridurre le pene ai condannati anche per gravi delitti?

E’ l’effetto del perdonismo e del buonismo imperante nella nostra società permissiva oltre ogni limite. Partiamo dalla Costituzione: la teoria dell’emenda ha un valore religioso non laico e civile. La rieducazione del reo è l’equivalente della redenzione del peccatore. Nell’antica Roma chi si rendeva indignus restava tale per tutta la vita. Nei sistemi anglosassoni chi viola il patto sociale sconta in galera la sua responsabilità per il tempo stabilito dai giudici. Nei regimi protestanti la colpa non si cancella anche se l’espiazione avviene in prigioni e  in termini molto umani e civili. Da noi il carcere è una vera e propria scuola di criminalità affidata a “docenti” della malavita organizzata. Durante le uscite premiali, molto numerose e ripetute, il delinquente “addottorato” trova ausilio nei congegni elettronici che la criminalità mafiosa gli fa mettere a disposizione e il suo delitto ha buone probabilità di restare impunito: per tabula risulta astretto alle patrie galere. Se non cambia la mentalità degli Italiani è difficile sperare in riforme efficaci. Roma repubblicana,nell’antichità, Inghilterra e Stati Uniti d’America, oggi, sono stati  o sono Paesi egemoni grazie al loro empirismo e pragmatismo. In quelle società dominava e domina la razionalità. Noi crediamo nella fantasia e nei sogni: il che va bene per produrre creazioni artistiche non buone leggi per il governo dei cittadini!

Cosa pensa di una riforma del sistema di elezione del CSM, che, attraverso collegi uninominali di distretto di Corte d’Appello, elimini il predominio delle correnti della magistratura e la conseguente politicizzazione e lottizzazione degli incarichi direttivi?

Ogni sistema elettivo che faccia del CSM qualcosa di diverso da ciò che è oggi mi trova aperto alla discussione. Rifuggo dagli organi di governo con forte impronta corporativa. Abbiamo già pagato per essere il Paese delle Corporazioni, di medioevale e mussoliniana memoria. Sono troppi i poteri trasversali, palesi od occulti,che in Italia condizionano i Poteri Pubblici.

 

 

 

 

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