In un mondo attraversato dalla violenza, con stragi e massacri continui, perché la strage di capodanno ad Istanbul ci colpisce in modo particolare, al pari di quelle di Parigi o Bruxelles o  Nizza, e forse ancora di più?

Quasi tutto il mondo mussulmano è in ebollizione. In Iraq e Siria una sorta di conflitto di tutti contro tutti sta scrivendo pagine di ferocia senza precedenti con morti, feriti e senza tetto a migliaia, cui sembriamo esserci abituati. Sovente l’unica egoistica preoccupazione riguarda il pericolo di essere invasi da coloro che quasi miracolosamente riescono a scampare ai massacri, agli eccidi, alla pulizia etnica, che nascono dal fanatismo, dai contrasti insanabili tra gruppi religiosi, tra etnie in eterno contrasto, tra diverse e concorrenti ambizioni di potere.

Perché allora Istanbul suscita in noi una particolare emozione? Perché è l’estremo lembo dell’Europa, contiguo all’Asia e fa parte di uno Stato prevalentemente asiatico? Si, anche, ma è l’ultima delle ragioni. In effetti ve ne sono di più profonde.

Mettendo una delle due punte di un compasso su questa città, si può facilmente rilevare che essa dista, in maniera pressoché eguale, dai luoghi dove sta esplodendo la guerra al fondamentalismo (Raqqa, Mosul,Palmira) ed il cuore dell’Europa. Inoltre è il caso unico di una città europea, non solo geograficamente, ma anche per storia culturale, etnia prevalente, pluralismo religioso, che faccia parte di una Nazione mussulmana.

Questa riflessione impone di fare un salto indietro nel tempo e ricordare che il modesto villaggio di Bisanzio divenne la città di Costantinopoli, e dopo una capitale, nel momento in cui il troppo grande impero romano fu diviso in due parti. Quando, per le invasioni barbariche, ma principalmente per la complicità della chiesa cattolica, che ne prese il posto, l’impero di Occidente crollò, per oltre un altro millennio, quello bizantino d’Oriente continuò a prosperare, anzi si considerò l’unico vero erede della romanità, tanto che Costantinopoli si fece indicare come Nuova Roma (Romiyye o Yeni Roma). I contrasti tra la chiesa di Roma e quella Ortodossa di Costantinopoli trovarono un punto di equilibrio e di convivenza, in quanto decisero di ignorarsi di fatto reciprocamente. Il Papa esercitava il suo dominio temporale su un piccolo territorio, ma, in compenso, poteva  incoronare Re ed Imperatori, grazie alla credenza, imposta dal medesimo,  che il relativo potere fosse di discendenza divina: quindi il rappresentante di dio in terra era colui che poteva legittimarlo. La chiesa ortodossa viveva una propria assoluta autonomia al fianco dell’Imperatore d’Oriente. Quando, nel 1453 la città di Costantinopoli fu accerchiata da un esercito ottomano di medie dimensioni, che tuttavia le forze imperiali asserragliate all’interno non erano in grado di fronteggiare, il Papa di Roma fermò gli eserciti delle monarchie europee occidentali, che erano già in marcia per difendere Costantinopoli ed evitare che in quel lembo dell’Europa cristiano bizantina arrivassero i Mussulmani, che già in passato avevano invaso la Sicilia e parte della Spagna. La capitolazione dell’impero d’Oriente con la conquista ottomana cambiò non soltanto il nome della città, che divenne Istanbul, (città dell’Islam) ma millenari equilibri, facendo arrivare un sultanato mussulmano sul Bosforo, quindi in un lembo cruciale d’Europa tra il Mediterraneo ed il Mare di Marmara. Anche agli inizi del novecento, dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano, si dovette registrare la definitiva annessione di Istambul alla Turchia. La rivoluzione di Kemal Ataturk, nel 1923 cambiò molte cose, imponendo l’abolizione delle scuole coraniche ed instaurando un regime laico e democratico parlamentare, ma l’equilibrio, che ne derivò, fu sempre precario, tanto che la Turchia ha sempre oscillato tra deboli governi democratici e colpi di Stato con conseguenti Governi militari, fino all’odierno populismo islamico fortemente autoritario di Erdogan.

La strage di Capodanno si inserisce in un complicato scontro in atto in Turchia, che ha visto Erdogan protagonista di una proverbiale doppiezza su tutti i fronti. Di fatto è stato dalla parte del califfato dell’Isis e suo avversario, contro la Russia ed alleato con essa. Ha ricattato l’Europa e preteso un forte risarcimento di fronte alla minaccia di aprire le frontiere per lasciare entrare milioni di profughi. Si è abilmente districato nelle vendette tra Sunniti e Sciiti, senza perdere di vista la perenne lotta contro la minoranza curda oppressa, che da sempre aspira almeno ad una certa autonomia. Infine ha posto in essere una repressione feroce nei confronti dei presunti responsabili di un forse inscenato colpo di Stato, che gli ha consentito di eliminare oltre centomila oppositori, incarcerandoli o togliendoli dai pubblici impieghi. Intanto, insieme a Putin ed all’Iran (rinunciando momentaneamente al l’ostilità verso Bashar al Assad) intende essere uno dei protagonisti della presunta pace e del nuovo assetto di tutta l’area mediorientale, anche grazie all’assenza al momento degli Stati Uniti sulla scena internazionale.

I poveri morti di Capodanno sono le vittime innocenti di questa follia fondamentalista, che ha nell’Occidente il nemico ideologico, nel Medio Oriente il terreno di scontro ed in Turchia il baricentro.

 

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