Abbiamo parlato delle pre-condizioni necessarie per ristabilire un clima di convivenza civile nella nostra società. Passiamo ora dal piano dei concetti, per così dire “preliminari” a quello concreto e operativo. Che fare?

Agevolare, favorire e soprattutto non ostacolare, con misure che vanno in senso contrario, il passaggio dalla società agricola e manifatturiera della fine del secondo millennio a quella post-industriale dei beni immateriali, dei prodotti di grande eccellenza e dei servizi.

Perché?

Perché a causa  degli alti costi raggiunti dalla mano d’opera e dal Welfare i nostri prodotti non sono più competitivi con quelli, uguali, dei Paesi emergenti del Terzo mondo. Il tondino di ferro prodotto a Brescia e dintorni non è diverso da quello di un Paese del Sud-est asiatico, ma quello costa un terzo.

Non le sembra che vada in questa direzione il favore verso i flussi immigratori? Si consente l’utilizzazione di nuova mano d’opera a basso costo e si salvano le industrie manifatturiere…

Quali? Quelle dei prodotti più ordinari; non certo quelle che creano manufatti di grande eccellenza e di alta tecnologia che rappresentano il futuro del capitalismo più avanzato. E poi a quale costo? A quello dell’imbarbarimento dei nostri costumi, che erano finalmente giunti a un livello di accettabile civiltà dopo tanti secoli bui dovuti all’oscurantismo cattolico; di un ripristino di una sostanziale nuova forma di schiavitù, odiosa, e di una violenza nella vita della nostra comunità che sembrava essersi liberata almeno dei delitti d’onore di sapore feudale e che ora dovrebbe conoscere i riti tribali di lapidazione in uso presso altre collettività; di una claudicazione, di una zoppia d’imprese di precaria stabilità, tenendo gli occhi chiusi su aspetti di malaffare fiscale, previdenziale, assistenziale, che incrementeranno la nostra già insopportabile corruzione politico-amministrativa; di un conseguente aumento della disoccupazione nazionale, perché non si provvede a far sorgere nuove intraprese per la produzione agricola e manifatturiera di prodotti di grande eccellenza e di servizi adeguati al livello di benessere raggiunto?

Non le sembra che questo sia anche l’indirizzo del Gran Capitale che intende concedere credito solo a imprese “solventi” e non “claudicanti, come lei le definisce?

Certo che lo è, ma lei veramente pensa che sia possibile arrestare la corsa al capitalismo più proficuo e redditizio finché perduri l’era del patriarcato che ha stimolato e stimola l’avidità proprietaria dei cosiddetti “padri di famiglia”, ammantandola d’ipocrisia e del preteso perseguimento di Valori umanitari? Patriarcato e Capitalismo simul stabunt – simul cadent: tertium non datur!

Lei, quindi, ritiene che la de-industrializzazione del Paese per i manufatti ordinari sia una necessità e che bene hanno fatto Gran Bretagna e Stati Uniti d’America a chiudere le frontiere agli immigranti in cerca di lavoro di infimo livello e destinati probabilmente a essere assoldati dai trafficanti di droga?

Certamente. A opporsi sono solo i conservatori della cosiddetta Sinistra e, soprattutto, per motivi elettorali, perché sorretti dalle Organizzazioni sindacali. Le misure da loro richieste per arginare la disoccupazione mirano solo a favorire imprese che producono manufatti non più competitivi e ritardano, in tal modo, una maggiore produzione di ricchezza, probabilmente molto utile al Paese.

Facciamo una sorta di decalogo delle cose da fare…invece?

Eccolo:

1) Stroncare la corruzione endemica, diffusa, contagiosa che trova nel perdonismo cattolico e nel buonismo comunista la fonte per sopravvivere, crescere e moltiplicarsi. Cominciamo dalla teoria dell’emenda che informa la nostra Costituzione e allineiamoci ai Paesi di maggior rigore punitivo che vedono nel reo un indegno e non uomo da redimere, religiosamente parlando.

2) Favorire, con misure adeguate, dopo averle individuate e descritte, le imprese che creano prodotti di grande eccellenza non riproducibili in situazioni territoriali diverse; e ciò per effetto di particolari condizioni naturali (in agricoltura: olio, vino etc.) o della presenza di mano d’opera super-specializzata (nell’industria: Ferrari, Maserati etc.).

3) Agevolare, con sostegni adeguati, l’opera di de-localizzazione degli impianti manifatturieri nazionali nei Paesi da cui, a causa del minore benessere, provengono i maggiori flussi immigratori nel nostro territorio e mantenere, nel contempo, loghi, know how, disegni e marchi italiani.

4) Realizzare infrastrutture dirette a favorire i nostri servizi turistici e culturali (strade di ogni tipo, necessarie per raggiungere località paesaggistiche amene o ricche di bellezze artistiche, archeologiche, architettoniche, storiche anche con l’aiuto di capitali di grandi catene alberghiere mondiali.

5) Favorire, con adeguate norme urbanistiche qualificate d’interesse nazionale, l’insediamento (progressivo e sostitutivo di piccoli esercizi alberghieri) di resort con grandi capacità ricettive e con ricca offerta di sport e di svaghi per viaggiatori che diventano sempre più esigenti.

6) Rimodulare la pubblica amministrazione, abbandonando le pletoriche strutture colbertiane e stataliste, sull’esempio anglosassone delle Autorità indipendenti e delle Agenzie direttamente connesse alla comunità dei cittadini e non asservite alle esigenze degli uomini politici.

7) Prevedere la privatizzazione della giustizia civile e amministrativa attraverso l’istituto della mediazione conciliativa per previnire i conflitti e dell’arbitrato per risolverli.

8) Favorire l’insegnamento scolastico, escluso quello d’obbligo, nella direzione delle materie specialistiche che possono far meglio assolvere i servizi necessari al nuovo tipo di società post-industriale.

9) Accentuare la caratterizzazione assicurativa del settore  previdenziale e assistenziale.

10) Sottrarre l’informazione, lo spettacolo, l’arte, l’editoria, la gestione del patrimonio culturale, architettonico, storico alla politica clientelare delle forze politiche che gestiscono per fini di corruttela politica i relativi fondi di sostegno.

 

 

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