Il successo della candidata della Destra nazionalista al primo turno delle elezioni francesi ha sorpreso solo chi non aveva saputo cogliere ciò che era, per così dire, nell’aria.
Le notizie ripetute della scoperta di alcuni covi di terroristi jihadisti in Francia (e nel vicino Belgio), ancor più che in altre zone dell’Europa continentale, la serie di attentati che hanno continuato ad accavallarsi gli uni agli altri erano elementi che lasciavano intravedere la sconfitta della sinistra di Hollande, anche se in limiti più contenuti di quelli emersi dal voto. A causa della politica filo-islamica del Paese, condotta sino a qualche anno fa dalla gauche, la banlieueparigina era diventata un immenso ricettacolo di fondamentalisti mussulmani.
Il fenomeno era ancora più preoccupante perché esso, a parere di qualche notista, s’incrociava con aspetti di disequilibrio politico sempre più marcato nell’Unione Europea, a favore dell’amata-odiata Germania.
Come di solito, l’atteggiamento delle élite intellettuali francesi (e non solo), alla vigilia del voto era stato incerto ma del tutto scontato nella sua ambiguità. L’autorevole quotidiano Le Monde (come Liberation) s’era limitato a fare solo un anti-endorsment: – Votate per chi vi pare ma non per la Le Pen.
Oggi dopo il voto, i mass-media europei, in grande prevalenza, danno per certa la vittoria di Emmanuel Macron, rischiando di fare lo stesso errore che hanno commesso per la Brexit e per l’elezione di Trump. E le élite intellettuali e borghesi dell’intera Europa continentale si muovono sugli stessi binari. Nessuno ha preso in considerazione gli eventuali effetti del “bacio della morte” dato a Macron dal Presidente uscente Hollande.
Nessuno, sinora, ha rilevato che il programma di Fillon si differenziava poco da quello della Le Pen. Alla candidata del Front National, che peraltro ha già dissociato la sua immagine dal Partito, per presentarsi agli elettori del secondo turno come portatrice delle idee di tutto il centro-destra, basterà modificare di poco le sue posizioni per allinearsi su quelle espresse anche dai gollisti.
Non credo che il risentimento adirato per la sconfitta del candidato di centro-destra sarà condiviso dai suoi elettori che, oltretutto avevano male digerito lo scandalo del Penelope gate e, conseguentemente, l’indebolimento del loro Partito.
Quanto ai voti dell’estrema sinistra, vedo più probabile la rottura che non la congiunzione con i cosiddetti Valori Repubblicani esaltati da Macron, cui probabilmente andranno, con certezza, solo i voti dei socialisti.
Il che contribuirà, ripeto, dopo la pubblica dichiarazione di voto dell’attuale Presidente, a rafforzare i consensi alla campagna contraria della Le Pen.
Nessuno, inoltre, ha rilevato che l’attacco all’Unione Europea si salda bene con la politica che ha condotto all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e con quella isolazionista di Donald Trump. E la Storia ci insegna che quando sono stati avvertiti “venti di guerra”, la Francia ha sempre saputo da che parte collocarsi.
Non si deve dimenticare, infine, quale fu l’atteggiamento dei due Paesi Anglosassoni all’esito della Grexit e la loro delusione dopo la retromarcia di Tsipras. Il cuore di quei due Paesi ha sempre continuato a battere solo per Varoufakis; e quindi contro l’Unione Europea.
In definitiva, che si possa ipotizzare un altro “voto di pancia”, questa volta dei Francesi, non mi sembra così improbabile.
Dopo gli errori di Hollande e dei burocrati dell’Unione Europea, succubi della necessità della Merkel di perseguire il suo sogno egemonico, il futuro dell’Unione Europea mi sembra tutt’altro che roseo.
L’immigrazione sta operando in modo diverso nei vari Paesi dell’Unione Europea. Essa, consentendo l’offerta di lavoratori a basso costo, dà ossigeno a industrie decotte e non più competitive della stragrande maggioranza degli Stati-membri e favorisce la gauche e i sindacati ostili ai licenziamenti, rallentando, nello stesso tempo, il processo di de-industrializzazione, auspicato dai vertici della Finanza mondiale, e atteso dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d’America. L’esercito dei tecnocrati di Bruxelles ha cominciato a giocare a rimpiattino con le burocrazie nazionali e a prevedere, a ripetizione, misure di soccorso per le imprese manifatturiere in crisi, pur se inutili e velleitari.
E tali sono certamente i provvedimenti in favore dell’immigrazione che tendono a procurare lavoro a buon mercato per le industrie manifatturiere in crisi e a ritardare, in tal modo, il processo di de-industrializzazione auspicato dagli Anglosassoni.
In un tale contesto, non è difficile prevedere che i “voti di pancia” aumentino tra i Paesi Membri dell’Unione Europea.
Soprattutto, se si considera che loro vocazione Europeista comincia, ormai, a diffondere odore di naftalina.
I Bureaux di Bruxelles sono sempre di più ritenuti asfittici e autoreferenziali. Non a caso sono stati rifiutati dal Paese inventore del vero liberalismo, l’Inghilterra che ne è uscita clamorosamente con la Brexit.
Sappiamo che l’Unione Europea era nata con un diverso intento. E’ doveroso chiedersi, però, se, oggi, anche i Padri fondatori non avessero tenuto nel giusto conto che l’aggregazione politica di popoli non liberi da condizionamenti religiosi e ideologici poteva ingigantire le dimensioni del servaggio collettivo, ma non creare le condizioni per la nascita di un pensiero e di una società veramente liberi.
Se, comunque, le condizioni del tempo dei nostri avi, offuscavano la visibilità, per noi non ci sono alibi.
Essere governati da un esercito di burocrati, di formazione colbertiana e quindi, in modo molto deciso, autoritaria e telecomandati da uomini politici di ben ventisette Paesi, non sempre di eccelsa tradizione culturale, esperienza amministrativa e specchiata rettitudine non può essere considerata una meta da perseguire ma, probabilmente, un pasticcio da rivedere.
*N.B. Pur non coincidendo con la linea del giornale, l’intervento del Presidente Mazzella contiene spunti interessanti ed un diverso punto di vista, che, come è nella tradizione liberale aperta alla dialettica, merita di essere tenuto nella giusta considerazione.
