Il 22 settembre scorso è andata in scena, al Teatro dell’Angelo in Roma, una brillante rappresentazione teatrale sulla Repubblica Romana del 1849. Data unica, nessuna replica (purtroppo!), per l’opera ideata e interpretata magistralmente da Emanuele Cecconi, della compagnia Piano Zero Teatro.

A due giorni dall’anniversario della breccia di Porta Pia, gli spettatori sono stati coinvolti nel ricordo dell’evento simbolico per eccellenza del Risorgimento italiano, la nascita di quella Repubblica Romana, di ispirazione liberale e mazziniana, che accomunò gli italiani dell’epoca nel rivoluzionario desiderio di Libertà e di Giustizia.

Emanuele Cecconi, nel suo monologo efficace e rigoroso, ha ripercorso gli eventi drammatici che portarono alla fuga a Gaeta di Papa Pio IX, avvenuta il 24 novembre 1848, alla proclamazione della Repubblica Romana, il 9 febbraio 1949, e alla sua caduta, infine, il 4 luglio dello stesso anno.

All’attore romano, lungamente applaudito dal pubblico, va tributato il merito della memoria viva di un momento centrale nel percorso travagliato di unificazione e liberazione d’Italia. Pur senza disdegnare momenti di sarcastica ironia, il valore storico della rappresentazione teatrale è fuor di dubbio. Non soltanto i soliti protagonisti sono stati posti in evidenza da Cecconi, ma anche figure apparentemente di secondo piano e poco note, per ingiustificabile ignoranza dei più. Dell’ingegno di Mazzini, Armellini e Saffi già sappiamo; così come dell’eroismo di Garibaldi, Manara, Mameli e Brunetti. Chi, invece, si è mai soffermato sulle figure del cardinale Antonelli e del patriota Galletti? Interessante, poi, il profilo delineato del Pontefice “Giovanni Maria Mastai Ferretti”, dai propositi solo inizialmente liberali, poi tristemente ridottosi nella più cupa conservazione dell’Ancient Régime.

Sullo sfondo Roma, con i “superbi propugnacoli” e le “minime sue macerie”, per citare Giuseppe Garibaldi, il popolo in rivolta, l’unione di liberali, repubblicani e monarchici di fronte alle resistenze, però in esilio, del papato e della nobiltà ad esso legata.

Al centro di tutto, la Costituzione della Repubblica Romana, votata e pubblicata il 1° luglio 1849, ultimo atto di un pacchetto straordinario di riforme, che portarono al suffragio universale, alla libertà di stampa e di religione, persino all’abolizione della pena di morte.

I tanti minuti di applausi alla fine dello spettacolo hanno dimostrato come la passione di Cecconi abbia trovato la piena condivisione del pubblico. Del resto, con quanta passione egli abbia messo in scena l’opera lo dimostrano le sue stesse parole:

Ho cominciato a studiare come un matto la storia della Repubblica Romana e ho capito molte cose, e ogni volta che passeggiavo al Gianicolo, mi fermavo a guardare gli occhi di Masina, Daverio, Manara, Mameli e quelli di tutti gli altri che hanno speso la loro Libertà prostrandosi ad una causa, ad un’ ideale che è la forma più alta dell’idea di uomo libero in libero stato……ovvero una libertà “in divenire”, da costruire ogni giorno, ogni istante…..quegli uomini, non erano né santi, né profeti….erano uomini con i loro lati oscuri ben pronunciati, ma hanno reso immacolato un “istante” della loro vita”.

Sarebbe un errore dimenticare tutto questo, ignorare il sacrificio di tanti italiani accorsi a Roma, da Nord a Sud, per realizzare un sogno divenuto realtà poco tempo dopo, il 20 settembre del 1870. Onorare la Repubblica Romana significa mantenere vivo il ricordo della genesi gloriosa di questa Nazione, perché, per citare nuovamente l’Eroe dei due mondi, “Roma è per me l’Italia, e non vedo Italia possibile, senonché nell’unione compatta, o federata, delle sparse sue membra. Roma è il simbolo dell’Italia una, sotto qualunque forma voi la vogliate”.

 

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