Per la soluzione delle ricorrenti crisi politiche che sta attraversando il Paese ormai da diversi anni non è tanto difficile formulare una proposta chiara per consentire agli Italiani l’uscita dall’impasse quanto è arduo immaginare chi, in una situazione come la nostra, accetterebbe mai una tale proposta, ove mai fosse resa esplicita.

Essa non troverebbe consenso, a livello elettorale, neppure nella forma della “protesta”. Non è un caso, infatti, che i movimenti “anti-sistema” italiani sono soltanto una versione edulcorata e attenuata di quelli sorti in Gran Bretagna e in Nord-America.

Se, facendo tesoro dell’esperienza dei conservatori di Theresa May e dei Repubblicani di Donald Trump, qualcuno dicesse: seguiamo l’interpretazione che al liberalismo è stata data da chi quella visione politica ha praticamente inventato ed elaborato e rivediamo i luoghi comuni sulle virtù magiche del Mercato che gente interessata esclusivamente al business ha “propagandato” nel suo particolare interesse, chi in Italia lo seguirebbe? Probabilmente nessuno! E la ragione del contrasto sarebbe, correttamente, individuata nella nostra appartenenza all’Unione Europea.

Senza una rinegoziazione del trattato, si direbbe, l’Italia ha le mani legate.

D’altronde, si tratta di un legame che dalla maggioranza degli Italiani non è considerato asfittico, come, a mio giudizio, è. E ciò per motivi “culturali.”

La maggioranza degli Italiani, come grande parte degli Europei del Continente, si rifiuta testardamente di capire dove stia andando il mondo Occidentale (e non solo esso) e non si chiede perché i Paperon dei Paperoni annidati negli Uffici finanziari di Wall Streete della City (e sino a poco tempo fa negli establishment inglesi e statunitensi) si siano all’improvviso divisi tra di loro e abbiano cominciato a combattersi senza esclusione di colpi e di fake news.

Dai giorni dell’elezione di Trump, lo schieramento capeggiato dai Clinton, dagli Obama e dai Cameron è diventato il nemico numero 1 di quello che esprime una posizione critica della situazione attuale e istanze, sostanzialmente, anti-iperliberiste e anti- globalizzatrici.

Gli Europei del Continente sono abituati da due millenni al fideismo religioso e politico; hanno perso l’abitudine di ragionare con la loro testa per scoprire gli inganni e le magagne propagandistiche dei propalatori (interessati) di Alti Valori; continuano a credere negli schemi culturali assimilati al tempo della loro formazione religiosa e politica; sono ancora sotto chock per le aberrazioni tiranniche del “secolo breve”, ma non sono ancora liberi dai falsi miti che le hanno prodotte.

Soprattutto la gente di una certa età, oggi prevalente (per più motivi) nella vita civile, sociale e pubblica, si sente fortemente legata al suo tempo e alle idee così a lungo egemoni e dominanti in Europa.

Essa ragiona in base agli stereotipi ideologici che ha assimilato negli anni in cui la curiosità la spingeva a leggere qualcosa. Ovviamente, trovava molte opere di agiografia religiosa e devozione teocratica o di servaggio politico ai dittatori del momento (nazi-fascisti o social-comunisti).

C’ è da chiedersi: è possibile per chi ha imparato a dividere il mondo secondo la deformazione di quelle visioni religiose o filosofiche (fedeli o infedeli, comunisti o fascisti), ormai obsolete, superate, stantie ma non desuete e ancora tragicamente vive, cambiare le proprie convinzioni radicate in decenni di pensiero non libero, e meno che mai aduso a navigare in mare aperto?

O non si assisterà, invece, alla ripetizione pedissequa di luoghi comuni, frasi fatte, giaculatorie catechistiche, con l’aria di confidare in verità assolute e incontrovertibili?

La gente, ormai, legge poco, non va a cinema e non vede i serial televisivi anglosassoni, entrambi cimenti importanti per gli empiristi e a-ideologici autori (registi e sceneggiatori) inglesi e nord-americani per gettare i semi di una mentalità più aperta, iconoclastica, irridente o irriverente (o comunque non ne comprende la lezione, per il prosciutto con cui solitamente copre gli occhi).

Si può solo sperare nelle giovani generazioni, ma per gente di una certa età è una ben magra consolazione.

La mancanza di una proposta chiara (di tipo anglosassone, per intenderci e per ripeterlo in modo chiaro), di uomini politici che sappiano comprenderla, formularla e individuarne gli strumenti a livello europeo per la sua realizzazione e soprattutto la difficoltà di farla accettare agli Italiani, così distanti e lontani dall’empirismo e dal pragmatismo di quei due popoli, da tempo all’avanguardia del mondo, rende l’impasse in cui siamo caduti presso che insuperabile.

Non c’è nulla che possa porvi rimedio: il problema è culturale e ha radici troppo profonde per essere compreso da uomini politici di livello culturale non eccelso, che cercano facile popolarità promettendo agli elettori irraggiungibili “lune nel pozzo”.

La protesta sacrosanta degli Anglosassoni, liberali senza paraocchi fuorvianti, realizzatasi in modo deciso ed efficace contro l’iperliberismo, il dominio delle élite finanziarie responsabili degli stravolgimenti che rendono, con immigrazioni incontrollate (o meglio, per ciò che riguarda il Mediterraneo, controllate soltanto da scafisti, caporali, e istituzioni che lucrano sulla beneficenza o sul lavoro a basso costo fornito a imprenditori manifatturieri in crisi) la nostra vita più precaria, incerta, rischiosa in una commistione innaturale di idee più o meno elaborate e di primitive concezioni tribali, è condannata, nell’Europa continentale, a percorrere unicamente e ancora per lungo tempo i rivoli plurisecolari del “pauperismo” cattolico, protestante luterano e socialcomunista o, in alternativa, gli estremi della xenofobia fascista, con l’ideologizzazione di razze superiori e di popolazioni “elette da Dio”.

Non sembra esserci altra via d’uscita. Se manca un pensiero a-ideologico, è ostico sperare che un popolo che non ha mai conosciuto una vera libertà e autonomia dagli insegnamenti di una decrepita Curia e di una ancora più ottusa e autoritaria Accademia, abbia nella testa “idee chiare” e sia disposto ad accettare ipotesi di governo concrete come quelle della May in Gran Bretagna e di Trump negli Stati Uniti d’America e a studiare i mezzi per assicurarne la compatibilità con l’attuale assetto Europeo.

Per summa injuria, non soltanto il”popol morto” di cui parla Carducci o la “serva Italia” del pur cattolico Dante ma anche i tedeschi, i francesi, gli spagnoli e gli altri Euro-continentali sono vissuti per troppi secoli all’ombra di idee assolutistiche e praticamente immobili e a lungo immodificate (e, più o meno subdolamente imposte), per poterci essere d’aiuto.

Anzi: le “affinità elettive” che si sono stabilizzate tra gli Europei pesano come un macigno per una nostra autonoma e libera presa di coscienza e si risolvono in una sorta di collettivo cupio dissolvi, in vista di un tramonto che appare come uno spettro incombente e minaccioso.

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