E’ nel trasformismo, cui il Movimento Cinque Stelle sembra egregiamente ereditare a pieno titolo l’atavica tradizione italiana inaugurata da Depretis, che va nuovamente individuato il sintomo di uno stato patologico del sistema parlamentare italiano.

Quale credibilità può pertanto avere un movimento che in maniera del tutto spregiudicata, pur di raggiungere l’obiettivo di insediarsi a Palazzo Chigi, si rivolge dapprima a una destra critica rispetto ai valori dell’Unione Europea, nonché palesemente filo-lepenista e “putinista” quale è la Lega di Matteo Salvini e che allo stesso tempo senza una minima autocritica “accende un secondo forno” (semantica vecchia, altro che nuova politica!) con il Partito Democratico che rifugge nettamente da questi caratteri politici comunque comuni a Salvini e Di Maio?

È necessario analizzare lo stato di crisi perenne in cui si trovano le nostre istituzioni parlamentari e partitiche. Una risposta a tal proposito la fornisce indubbiamente Gaetano Mosca, il quale già nel 1884 scriveva: “La Camera dei deputati viene così diventando una parziale e fittizia rappresentanza del Paese: giacché, di giorno in giorno, una quantità sempre maggiore di forze vive, di elementi atti alla direzione politica ne resta esclusa. I membri di essa non rappresentano che una quantità di interessi essenzialmente privati, la cui somma è lungi dal formare l’interesse pubblico” (Teoria dei governi). Mutatis mutandis sembra sia rimasto tutto immutato da allora. In Gaetano Mosca, condizionato indubbiamente dal caso italiano, tutto ciò è figlio dello stesso sistema parlamentare, laddove il ceto politico non ha né lo spessore né la forza per intervenire a risolvere le fratture della società civile ed è purtroppo costretto a una mediazione farsa, verbale e trasformistica.

Piuttosto che offrire al Paese il pietoso (possibile prossimo futuro) spettacolo della prassi parlamentare italiana, consistente nel continuo mercanteggiamento di voti fra maggioranza e opposizione, i partiti prendano atto della sconfitta elettorale di tutti, ammettano con serietà e senza reticenze che un governo stabile non può nascere alla luce delle forti divergenze fra gli uni e gli altri partiti e rimettano nelle mani del Presidente della Repubblica la possibilità di ricercare soluzioni diverse e più credibili. Una di queste potrebbe essere quella di continuare fino al prossimo scioglimento delle camere e all’indizione di nuove elezioni con il governo Gentiloni, il quale potrebbe elaborare, insieme ai gruppi parlamentari, una definitiva legge elettorale che sia rispettosa del voto popolare e garantisca un’asupicata stabilità di governo, introducendo quindi corposi premi di maggioranza al partito o alla coalizione di maggioranza relativa che rispondano a questa necessità e/o eventualmente introdurre, alla stregua delle elezioni dei comuni, un ballottaggio finale risolutivo di tipo francese.

 

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