Il Senato, quella nobile assemblea per la cui salvezza avevamo condotto,  due anni fa, una vittoriosa battaglia referendaria contro Matteo Renzi, il quale voleva cancellarne lesistenza, alle prime luci dellalba del 23 dicembre ha dovuto subire la più grande umiliazione dellintera storia repubblicana. Dopo unattesa inoperosa di giorni, in poche ore, senza poter modificare una sola virgola, ha dovuto approvare con il voto di fiducia la manovra finanziaria, ridotta ad un lunghissimo, unico, pasticciato articolo, tra le giuste proteste dellopposizione. Forse soltanto nel volto palesemente stralunato di Conte si intravedeva una certa consapevolezza della violenza esercitata nei confronti del Parlamento, trasformato da massimo organo costituzionale, tempio laico della democrazia, ove siedono i rappresentanti del popolo, in ovile popolato da obbedienti pecore, costringendo persino una parte di coloro che non intendevano accettare un simile affronto ad abbandonare laula. Non ho potuto non associare tale momento al ricordo di Giovanni Amendola ed alla nobiltà dellavventino, gesto in concreto forse inutile, ma moralmente di elevato significato simbolico.

Dopo le deprecabili e sguaiate, quanto inusitate grida  di vittoria dal balcone di Palazzo Chigi, la manovra del popolo, quella che avrebbe dovuto inaugurare una nuova stagione dei diritti, è arrivata in porto al Senato amputata di circa un terzo della sua consistenza economica dalla intransigente, quanto motivata, resistenza della Commissione Europea, che ha preteso, per evitare la procedura di infrazione, un taglio di circa dieci miliardi. Purtroppo lUE non ha il potere di entrare nel merito delle scelte, a volte scellerate dei Governi, come in questo caso, ma deve limitarsi a controllare che non vi sia nei saldi un eccesso di deficit. Le generose ed inutili regalie al ceto elettorale dei due partiti di Governo e principalmente a  quello dei Cinque Stelle, sono state soltanto appena smagrite, mentre il resto delle riduzioni pretese da Bruxelles, in forma di tagli o di nuovi costi fiscali, sono stati posti a carico di tutti noi, che ancora una volta siamo stati destinati a recitare la parte sgradevole delle vittime designate di un fisco rapace. I vincoli dellUnione Europea, hanno comunque avuto il pregio di costringere lallegra compagnia degli incompetenti a piegarsi, riducendo in parte i previsti sprechi di risorse e costringendola a dover ammettere che i numerinidati al momento della trionfale approvazione del DEF in Consiglio dei Ministri erano fuori dal realtà. Smentendo e mortificando il Ministro dellEconomia, infatti, era stata indicata una impossibile crescita alluno e mezzo per cento, contraddetta dalle altre Autorità e da tutti glistituti specializzati. Nella versione finale  quindi tale previsione è stata ridotta ad un più ragionevole, forse pur sempre ottimistico, uno per cento. Altrettanto il rapporto del deficit rispetto al PIL è stato abbassato di quasi mezzo punto. I dilettanti al potere purtroppo non si sono resi conto che la nuova fase di recessione economica in arrivo, si sarebbe dovuta affrontare con un significativo sforzo per incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, accentuando glinvestimenti  per opere pubbliche e snellendo le procedure di spesa, che principalmente avrebbero dovuto essere destinate a ridurre il divario tra Nord e Sud. Anche lEuropa sarebbe stata meno rigorosa se il DEF, anziché finanziare spesa corrente e sussidi, fosse stata invece mirata allo sviluppo ed alloccupazione.

Quella che a giorni riceverà  la ratifica anche da parte della Camera, è una manovra  che porta indiscutibilmente limpronta dei Cinque Stelle. Infatti Salvini ha dovuto rinunciare alla Flat tax, limitandosi alla, pur condivisibile, ma limitata estensione del regime agevolato alle partite IVA fino ad un fatturato di 65.000 Euro, ottenendo invece, in controtendenza rispetto al fenomeno dellallungamento della vita media, una inopportuna riduzione delletà pensionabile, che semmai poteva essere limitata ad alcune categorie di lavori maggiormente usuranti. È comunque imperdonabile che, con una  notevole dose di cinismo, abbia concesso ai pentastellati di inserire in Finanziaria il cosiddetto reddito di cittadinanza, che appare  più costoso e pericoloso dellincentivo degli ottanta euro di Renzi, perché, oltre a bruciare preziose risorse, incrementerà  certamente la pratica immorale del lavoro nero e non produrrà sviluppo.

Lo sfregio al Parlamento, completamente tagliato fuori dal delicato dibattito e dalle scelte sulla legge di bilancio, si rivela ancora più grave perché non si tratta dellatto di arroganza di una maggioranza che vuole diventare regime, ma di una coalizione di impreparati che ignorano il principio della separazione dei poteri e credono che legislativo ed Esecutivo si possano identificare, discendendo entrambi dal popolo sovrano. Invece il secondo riceve soltanto il voto di fiducia dalle Camere e non è direttamente eletto per scelta degli elettori, cui semmai i due partiti oggi alleati, si erano presentati con programmi e coalizioni contrapposte. Il Parlamento dovrebbe, geloso della propria autonomia, rivendicare il primato nel campo legislativo e non permettere umiliazioni come quella recentemente subita. Giorgetti lo sa bene, quindi tace e si tiene in disparte.

Per quanto tempo ancora Salvini terrà in vita questa dannosa coalizione? Si rende conto che non appena lindice di popolarità di cui gode dovesse cominciare a scendere, potrebbe non essere più in grado di recuperare, dovendo fare i conti con un elettorato, che negli ultimi decenni è divenuto molto volubile e che quindi il grande consenso, di cui sembra oggi godere, potrebbe rapidamente volatilizzarsi?

Avviandoci verso un ciclo economico che si preannuncia recessivo, sarebbe venuto il momento di liberare le stanze del Governo dai dilettanti e predisporsi a fronteggiarlo, come sostengono da tempo i liberali, con un programma di riforme strutturali, un significativo sostegno per nuova occupazione produttiva a tempo indeterminato ed opere pubbliche, principalmente nel Mezzogiorno, che finora è stato dimenticato, insieme ad un drastico taglio delle spese improduttive e clientelari; un programma che certamente troverebbe il sostegno di Bruxelles. È venuto il momento di dire basta allidea perversa di una democrazia diretta, che, attraverso la rete, irrompe nel cuore del potere, esaltando lincompetenza, grazie alla contrapposizione tra chi si qualifica come uno di noirispetto ai competenti spregiativamente definiti casta, siano essi politici o tecnici.

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