Il 2019 è cominciato con il solito fragore di “botti vietati” e molti, con buona probabilità, allo scoccare della mezzanotte, hanno brindato, nell’augurarsi una svolta politica nel Paese, piuttosto contro che non a favore dei  giovani e ignoranti uomini politici cosiddetti “emergenti” che tanto sconcerto e confusione hanno prodotto nel Paese nel 2018.

D’altronde, mai come nell’anno passato una forza partitica, che pure aveva riscosso notevoli consensi alle elezioni del 4 marzo, aveva svolto il suo ruolo politico all’insegna, allo stesso tempo, del più demagogico, pauperistico e superato buonismo e del più malevolo, rancoroso e livoroso cattivismo.

E’ probabile, infatti, che a fare il pieno del malaugurio degli Italiani siano stati proprio quei  leader, falsamente giulivi,  miracolati da piattaforme e consorterie misteriose e di oscure tendenze politiche, protagonisti di una politica a cinquantaquattro denti che ha suscitato in molti il desiderio di vedere quei “palloni volanti” afflosciarsi al suolo al primo sole dell’estate.

Non prima, però! E ciò,  per le ragioni bene evidenti che tenterò di esporre.

Gli Italiani, anche quando il loro disgusto per il livello infimo raggiunto dalla vita politica nazionale tocca il diapason, non perdono mai la speranza che il propositum in mente retentum di qualche leader (anche se isolatamente considerato e ancora non seguito dalla maggioranza della sua forza politica) ricordi loro che Nicolò Machiavelli non ha vissuto invano nel Bel Paese e, soprattutto, che  non ha scritto inutilmente le sue opere magistrali.

Dietro il paravento, infatti, di false affermazioni, (riportate pedissequamente dai mass-media e ripetute in maniera acefala nei salotti-bene) di un leader politico si dovrebbe sempre leggere, con un minimo d’intuito, una “verità” diversa da quella “ufficiale”; soprattutto se molto più interessante e pertinente alla situazione data.

Raccontiamo, come esempio, quanto è avvenuto negli ultimi giorni dell’anno appena passato.

La manovra economica, impostaci dal risultato di trattative svoltesi fuori dai nostri confini nelle sedi  dell’Unione Europea, è passata in Parlamento nella maniera più imprevedibile e sconcertante per i cultori dello Stato democratico. Il terrore, peraltro serio, dell’esercizio provvisorio ha convinto il nostro Capo dello Stato a firmare una legge, pur nella probabile consapevolezza che contenesse norme da “gridare vendetta” a voce alta; odiose (in privos latae, le avrebbero definite i Romani) dettate da un giovanilismo becero e da un pauperismo d’accatto e, soprattutto, da un ostinato rancore contro quei “vecchi” connazionali che avevano avuto “la colpa” di dimostrare, ai falliti “fuori corso” della “nuova” classe politica, di avere saputo, a loro tempo,  “leggere e scrivere”, ottenendo, alcuni, risultati di riconosciuto prestigio.

Matteo Salvini, leader della Lega si è affannato a dire, (e non ha tralasciato alcuna occasione per farlo) che il governo giallo-verde e il “contratto” stipulato per la sua costituzione dureranno per l’intera legislatura e costituiranno l’avvio di un glorioso avvenire per un Paese che, però, stranamente ha visto umiliata e vilipesa, in aggiunta alle altre, la stessa la sovranità del Parlamento, con l’assenso di cosiddetti “sovranisti”.

Qualche italiano, memore di Machiavelli, ritiene invece che, in segreto, il leader leghista stia già preparando il programma per il suo partito alle elezioni  nazionali, che, probabilmente, considera inevitabili dopo la nona edizione del voto per il Parlamento europeo.

Il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso, in maniera unanime, il periodo in cui si svolgerà il voto: le urne nei ventisette Stati membri saranno aperte tra il 23 e il 26 maggio 2019 ma ogni paese potrà scegliere autonomamente la data. L’Italia non ha ancora scelto ufficialmente il giorno, ma sono in molti a prevedere che sarà l’ultimo di quelli previsti.

Vi saranno i tempi per votare per le elezioni nazionali prima dell’interruzione estiva? Sono in molti a sperarlo. Molto dipenderà dall’esito delle votazioni europee.

I sondaggi sui risultati sono abbastanza ambigui. Tutti i commentatori ammettono, però, che le elezioni europee non potranno non essere influenzate dalle fortune elettorali dei partiti dei singoli Stati Membri dell’Unione.

Limitando l’analisi alle tre maggiori Nazioni dell’Unione, si può dire che in Francia, ormai soltanto un francese su quattro è ancora favorevole al Presidente Emmanuele Macron, che, come qualche suo collega italiano,  ha una particolare tendenza a imboccare tutte le strade che si trova di fronte, ritenute sbagliate dalla stragrande maggioranza dei suoi connazionali e che, in Germania, lo zoccolo duro di popolari e socialisti potrebbe ricevere nuova linfa soltanto dall’annuncio del ritiro di Angela Merkel  dalla scena politica.

In Italia, la caduta verticale del Partito Democratico e quella ugualmente disastrosa di Forza Italia non promettano nulla di buono per le forze politiche oggi egemoni in Europa.

Sul fronte contrario,  il consenso del Movimento Cinque Stelle sembra erodersi in maniera lenta ma costante, mentre la crescita della Lega è indubbia e appare destinata ad aumentare sia a danno dell’attuale alleato di governo sia del partito di Berlusconi (che sta provvedendo da sé a confondere le idee agli Italiani).

In un tale contesto è evidente che solo un uomo politico poco accorto contribuirebbe a indebolire il suo partner di governo, in prossimità di elezioni  così importanti per gli equilibri all’interno del Parlamento europeo.

Comunque, quale che sia il risultato elettorale, Matteo Salvini, dopo avere superato il doppio momento “tattico” dell’appoggio ai pentastellati (sia nel varo, obtorto collo, della deludente manovra di bilancio sia nel falso rafforzamento dell’alleanza in vista delle votazioni di maggio 2019) ha tutto l’interesse per la crescita del suo consenso a chiudere la partita con il Movimento, nel più breve tempo possibile; e prima, comunque, che le misure proposte soprattutto dai grillini ma condivise e approvate anche dai suoi in Parlamento abbiano concreta attuazione, con probabile effetto boomerang per l’intero Governo.

Il suo programma ha già due punti che inaspriranno il contrasto con l’attuale alleato: legittima difesa e tema delle autonomie.

Poi verrà il rilancio dell’idea della flat-tax.  Molti italiani non hanno capito, perché  la tassa piatta sia stata stranamente abbandonata al suo infausto destino (o ridotta in limiti irriconoscibili e inutili dal suo ideatore Friedmann) da parte di chi, con il sostegno meditato e approfondito anche di altri illustri economisti, riponeva in essa la sola speranza di una crescita dei consumi, della produzione e degli investimenti.

E’ verosimile che per Salvini avere accettato che passasse il suo opposto (il taglio delle pensioni d’oro che avrà effetti diametralmente contrari, riducendo la capacità di spesa di molti Italiani) debba considerarsi una mossa tattica nel quadro complesso delle rinunzie alla realizzazione dei suoi programmi di rilancio dell’economia italiana, accettate  in attesa di momenti più propizi e non troppo lontani.

Il resto del programma del leader della Lega verrà desunto, dopo le elezioni europee, dalla necessità di “annullare” tutte le iniziative, considerate dalla maggioranza degli Italiani,  sballate ed aberranti proposte e fatte approvare dal Movimento Cinque Stelle. E ciò,  prima che diventino operanti e concrete.

Il compito di Salvini è facile: basterà fare il contrario di ciò che ha proposto la  “coperta” associazione della piattaforma Rousseau, per avere il favore della gente che ha già dimostrato a sufficienza di non apprezzare l’intuito politico dei leader “grillini”.

Occorrerà, quindi, far dimenticare agli Italiani: a) il reddito di cittadinanza, già ripudiato o in via di rigetto negli Stati Scandinavi che ne hanno costatato le negatività per l’economia nazionale; b) il congelamento di miliardi della spesa pubblica destinati ad investimenti, utili a far riprendere lo sviluppo di infrastrutture ormai fatiscenti o carenti; c) il raddoppio dell’IRES, punitivo nella sua malvagia ideazione,   non soltanto per gli  istituti di assistenza sociale e per gli enti ospedalieri, ma anche per gli  “odiati” istituti d’istruzione pur senza scopo di lucro;  d) i tagli “vampireschi” alle pensioni, illegittimi e ingiusti perché praticati senza alcun calcolo dei contributi effettivamente versati, magari in misura anche maggiore di quella necessaria;  e) le tasse sugli autoveicoli e via dicendo, per relegare nei ricordi del passato le vicende politiche di giovani, come si dice dalle mie parti, “senza arte né parte” venuti alla ribalta sull’onda “anomala” di un collettivo e deleterio, anche se comprensibile e giustificato (dato il “decennio nero”),  “cupio dissolvi”.

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