Le statistiche tendono a dirci tutto, ma vi sono dati che sfuggono a valutazioni e quantificazioni precise. E’difficile capire, per esempio, quali fattori abbiano determinato lo scadimento della classe politica di governo un po’ dappertutto; e soprattutto in che misura ciò sia avvenuto nelle varie parti del mondo; in particolare nel Bel Paese; dove la situazione sembra più grave che altrove.
Certo, se persino i cosiddetti leader politici sono di mezza tacca, è ben difficile che in un ordinamento giuridico, come quello italiano, con liste elettorali, rimesse soltanto all’arbitrio dei capi partito, siano inseriti individui di particolare e notevole quoziente intellettivo.
I comportamenti di alcuni Ministri (ma non è diventato improprio usare oggi la maiuscola iniziale?) per fini pubblicitari, in relazione a recenti, gravi eventi, dimostrano che al peggio non c’è mai fine.
“Mal comune, mezzo gaudio”. Ciò che sta avvenendo in Francia con Emmanuele Macròn ci conforta abbastanza e ci induce a una speranza che ritenevamo ormai impossibile: toccato il fondo, ci potrebbero essere le condizioni per darsi una spinta per la risalita.
Purtroppo, però, tra i tanti mali che ci ha portato l’Unione Europea (così com’è stata immaginata da burocrati e banchieri e tanto diversa da quella sognata dai Padri fondatori) c’è anche quello di un’elezione parlamentare, politicamente utile solo a dare segnali sull’orientamento dei popoli del vecchio continente. Gli eletti contano poco o niente; ma l’umore popolare ha il suo significato.
E’ augurabile che le vecchie maggioranze cristiane e socialiste lascino il passo a forze che, in verità, non hanno idee ben precise all’infuori di quella che occorre dare un assetto nuovo a una diversa Confederazione di Stati Europei.
La nuova classe dirigente e politica eletta dai popoli dovrebb’essere consapevole che elaborare norme giuridiche e trattati internazionali non è come indossare giubbotti o stipulare contratti in pari causa ignorantiae.
E’ vero che il ’68 ha fatto i suoi danni soprattutto in ambito accademico e scolastico (più in generale); ma è altrettanto incontestabile che se gli uomini dotati di vocazione politica, pure importantissima, facessero un passo di lato e si affidassero, per la stesura dei loro atti, a persone competenti (senza avere paura di fare “brutta figura”) il Bel Paese se ne gioverebbe non poco.
Per il momento, la scelta da fare è se si contribuisca meglio e maggiormente a dare una maggioranza politica diversa all’Europa, continuando a dare agli Italiani l’impressione (provata dai fatti) di un marasma governativo senza precedenti o dichiarando in modo chiaro e preciso che cosa si vuole per il Paese e per il Vecchio Continente, stracciando subito contratti che hanno dimostrato di non poter condurre da nessuna parte.
Se una parte tira da un verso e l’altra da quello opposto, c’è lo stallo politico in aggiunta alla stagnazione economica cui parla il Ministro (la maiuscola non è qui fuori posto!) Giovanni Tria.
Su due programmi contrapposti e bene articolati: a) investimenti, sviluppo, flat tax da un lato (da me condiviso, sempre che integrato da una revisione radicale del sistema elettorale in maggioritario uninominale, com’è nella proposta di riforma costituzione di Presidenzialismo alla francese, pure adombrata); b) redditi e sussidi, leggi in privos latae per antichi favori o livori, dall’altro, gli Italiani saranno bene in grado di fare le loro scelte.
Se, invece, dovesse continuare il “tira e molla” quotidiano (che ha reso l’ascolto dei telegiornali e la lettura dei giornali il modo più deprimente e angosciante per iniziare la giornata), il rischio ancora più grave di quello di una vittoria dei “pauperisti” di oggi sarebbe quello di ridare linfa ai protagonisti del “decennio nero” che, anch’essi da opposte sponde (liberalismo senza testa nè coda e pauperismo ipocrita e sostanziale, anche se ben celato, servilismo verso i poteri finanziari) hanno fatto il peggio per privare gli Italiani, non solo del benessere acquisito dopo decenni di duro lavoro, ma anche del loro diritto fondamentale di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento.
La consapevolezza dev’essere che, andando alle urne nelle condizioni attuali di basso livello della classe politica, nessun italiano sarà in grado di scegliere il meglio.
Se sceglierà, infatti, una politica di crescita produttiva, dovrà accettare che minacce da parte dei leader politici prescelti siano rivolte ai gay,ai sostenitori della libertà di abortire e così via; se sceglierà l’altra sponda, assisterà alla crescita degli intrallazzi per vivere di sussidi e a una crescente povertà, determinata da una proliferazione permanente di proposte “peronistiche” da Stato sud-americano. Ritornerà in auge il motto Montanelliano di votare, turandosi il naso.
E’ questo un destino del Bel Paese che da sempre è quello più ricco di opere artistiche, architettoniche, storiche, monumentali (oltre che di bellezze naturali), le più eccelse del Pianeta e dai tempi successivi a Roma repubblicana il luogo peggio amministrato del mondo (nave senza nocchiero in gran tempesta e via dicendo), per avere avuto pessimi maestri di vita, infarciti di assolutismi e dogmatismi di ogni risma.
Se in un Paese come il nostro la platea degli eleggibili è formata da fideisti religiosi e politici che rinunciano a ogni discorso sul dubbio, a ogni riflessione sui dati dell’esperienza storica e comparatistica, convinti di avere certezze e verità da elargire graziosamente agli altri, è necessario scegliere solo il meno peggio: non in assoluto, ma in relazione alle circostanze del momento. Hinc et nunc.
E’, purtroppo, questa la nostra storia e non possiamo commiserarci. Provate a immaginare, un po’, i nostri antenati quando dovettero scegliere tra i Borbone e i Savoia.

“Le persone oneste e intelligenti non faranno mai una rivoluzione, perché saranno sempre in minoranza “.
(Aristotele)