Un secolo fa il monaco Gregor Mendel ha scoperto, grazie ai suoi esperimenti sulle piante dei piselli, come vengono ereditati i caratteri di padre in figlio, come cioè la cellula immagazzina le informazioni e le trasmette alle sue discendenti. Negli anni cinquanta Rosalind Franklin ha “fotografato” la struttura del DNA – “fotografia 51” – ovvero la molecola portatrice dei geni. Questa scoperta ha consentito a Francis Crick di svelare il dogma centrale della biologia vale a dire il modo in cui l’informazione contenuta nei geni viene trasmessa alle proteine. Nel 1975 Frederick Sanger ha svelato la sequenza di un gene cioè la successione dei nucleotidi con le basi A, C, T e G che codifica l’informazione genetica. Questa procedura ha portato – agli inizi del ventunesimo secolo – al sequenziamento del genoma umano nella sua completezza. La scienza sta tuttora cercando di capire il senso di questa “enciclopedia” colossale – il genoma – di più di tre miliardi di basi , di individuare quali geni contenga e quali siano le loro funzioni. La rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni nell’ambito del sequenziamento del DNA ha accelerato il progresso della conoscenza scientifica e sta sviluppando diverse strategie per scoprire in quali parti del nostro genoma si nasconda il segreto del nostro processo di invecchiamento. Si è così visto che i geni in situazioni di stress dismettono la loro funzione diretta al mantenimento della crescita e della riproduzione e modificano la loro attività per permettere la sopravvivenza dell’individuo e questo cambiamento favorisce la longevità dell’organismo. Riducendo del quaranta/sessanta per cento l’assunzione di calorie senza ridurre i nutrienti essenziali nè provocare malnutrizione, gli organismi raddoppiano l’aspettativa di vita (a scapito peró , se in età fertile , della riproduzione ). L’insulina cioè l’ormone prodotto nel pancreas e che regola i livelli di zucchero nel sangue si lega ai suoi recettori , cioè alle proteine situate nello strato esterno della membrana cellulare che permettono alla cellula di percepire lo stimolo e reagire allo stesso, cambiando la cellula la quale si adatta alle nuove condizioni ambientali – mutazioni che aumentano la longevità degli organismi-. Le cellule cioè credono che gli alimenti scarseggino ed attivano meccanismi di protezione diretti alla sopravvivenza e di conseguenza alla longevità. La restrizione calorica allunga la vita. Sono soprattutto due tipi di malattie che contribuiscono alla conoscenza dei processi dell’invecchiamento: 1. il tumore, che raggruppa vari fenomeni di origine diversa che hanno in comune il fatto di essere – i tumori – la conseguenza di una divisione cellulare incontrollata; 2. le malattie neurodegenerative, il cui tratto caratteristico è la morte dei neuroni che comporta un grave danneggiamento delle funzioni cerebrali. Il ricercatore spagnolo Manuel Serrano ha dimostrato con esperimenti sui topi che il gene P53 non solo protegge dal cancro ma anche dall’invecchiamento. Gli elefanti dispongono di due copie extra di P53. Nell’Alzheimer la cellula accumula aggregati di proteine che sono la conseguenza di mutazioni in tre geni distinti. Queste mutazioni generano proteine anomale che si accumulano nelle cosiddette placche amiloidi dando luogo alla morte – apoptosi -. Con la morte progressiva delle cellule il cervello perde il tessuto neuronale. Nonostante l’evidente relazione dell’Alzheimer con l’invecchiamento non si conoscono ancora le sue cause primarie e gli studi dimostrano che alcune differenze genetiche tra gli individui possono determinare la maggiore o minore propensione alla malattia. Queste differenze genetiche riguardano il gene dell’apolipoproteina epsilon – Apo epsilon – una proteina del metabolismo lipidico che è la principale responsabile del trasporto del colesterolo tra i neuroni. Esistono tre varianti differenti del gene della Apo epsilon chiamato epsilon 2, epsilon 3 ed epsilon 4. È stato osservato che gli individui con la variante epsilon 4 hanno una probabilità molto più elevata di essere affetti dalla malattia. Gli scienziati hanno creato estesi database di DNA in cui cercare l’impronta genomica del segreto di lunga vita. Il Longevity Genes Project – Progetto sui geni della longevità – intende determinare quali siano le differenze genetiche presentate dagli individui con maggiore longevità, gli ultracentenari. Oggi è possibile confrontare genomi completi grazie alla rivoluzione nelle tecniche di sequenziamento del DNA. Lo studio dei geni della longevità è l’oggetto dell’azienda Human Longevity Inc. fondata nel 2013 dal biotecnologo Craig Venter e dall’imprenditore spaziale Peter Diamandis. Attraverso l’analisi di tutto il genoma si ricercano indizi che dimostrano il rischio di sviluppare alcune malattie di cui sono già noti i marker genetici determinanti. La società conserva queste informazioni per incrociare i profili degli individui con i dati immagazzinati e si individuano così marker di malattia e longevità.
