I manuali universitari tradizionali di Economia politica indicavano, quali fattori della produzione, capitale, lavoro ed organizzazione, laddove questa ultima espressione comprendeva anche l’innovazione tecnologica, che in passato procedeva a ritmi lenti. Sin dall’inizio del ventesimo secolo, oltre all’accelerazione del processo innovativo, intervennero altri elementidiscorsivi, come il costo dell’energia, soggetto alle variazioni del prezzo del barile e la finanziarizzazione, attraverso la speculazione di borsa. Quest’ultimo fenomeno determinò la bolla speculativa alla base della grande crisi del 1929, perché risultò evidente che i valori reali delle aziende quotate erano molto lontani da quelli cartacei di Wall Street e che, almeno per un decennio e forse oltre, produsse i suoi effetti negativi.
A Bretton Woods nel 1944 Jhon Maynard Keynes aveva indicato due rimedi. La creazione di un’autorità mondiale regolatrice del mercato ed una moneta unica mondiale. Sostanzialmente entrambe le proposte vennero disattese, limitandosi a creare il WTO, che ha avuto una efficacia molto modesta sull’economia globalizzata e l’ancoraggio all’oro del valore del dollaro, elevato al rango di valuta di riferimento. Tuttavia nel 1975 gli USA, per far fronte alle spese della guerra in Vietnam, decisero di abrogare tale ultimo vincolo. Intanto altri elementi cominciavano a modificare gli equilibri tra le diverse economie mondiali. La scoperta di grandi riserve petrolifere, principalmente in Medio Oriente, determinòuna forte alterazione del mercato, tra il costo quasi zero dell’estrazione del prodotto ed il prezzo calmierato dall’OPEC, creando altresì grandi concentrazioni di ricchezza in aree del mondo prima sottosviluppate e poverissime, che, da quel momento, furono in grado di pesare moltissimo sulla finanza internazionale. Il progresso rapidissimo della tecnologia determinò altresìl’insorgere di un nuovo capitalismo legato all’informatica in grado di generare enormi profitti, che terremotarono le regole fino a quel giorno conosciute. Tali fenomeni, cresciuti impetuosamente, diedero luogo ad un eccesso di liquidità nei mercati internazionali, che forse impropriamente ha assunto la denominazione convenzionale di globalizzazione, ma che più correttamente avrebbe dovuto essere definito come finanziarizzazione dell’economia globale. Gli Stati Uniti per lungo tempo hanno potuto giovarsi della propria autonomia energetica e della concentrazione della maggior parte dei capitali della nuova economia informatica all’interno dei propri confini. La Russia ha cercato di resistere a tale fenomeno, grazie all’autonomia petrolifera, anzi divenendo Paese esportatore e concentrando la ricchezza nella creazione di un enorme apparato militare nuclearizzato. La Cina è stata sostenuta dal costo bassissimo della mano d’opera, che le ha consentito uno sviluppo enorme, anche grazie all’esportazione, mentre oggi comincia a soffrire per la riduzione del differenziale del costo del lavoro con gli altri Paesi avanzati.
Di fronte al fenomeno di un’economia che da industriale si trasformava in finanziaria ed alla conseguente concentrazione dei capitali nelle mani delle grandi banche o dei grandi gruppi della new economy, gli Stati si sono difesi attraverso la creazione cartacea di enormi quantità di denaro, mentre simultaneamente il prezzo del barile crollava progressivamente sotto zero. Le monete mondiali odierne quindi hanno soltanto un valore virtuale, che dipende esclusivamente dalla speculazione finanziaria, ma continua a moltiplicarsispropositatamente, rendendo i relativi valori facciali soltanto virtuali. In realtà, poggiano su un enorme indebitamento delle rispettive banche centrali. La pandemia appare un pericoloso acceleratore di un sistema in cui ai capitali si vanno sostituendo i debiti, in particolare quelli pubblici, nel nome del necessario contrasto ai danni economici determinati dal blocco dell’economia a causa del virus. Ovviamente non è qualcosa che può procedere all’infinito. Prima o poi sarà necessaria una nuova Bretton Woods e principalmente sarà necessario che emerga un altro mago del calibro di Keynes.
Il fenomeno della mondializzazione degli effetti economici ha prodotto quello che molti studiosi hanno definito come una sorta di contagio a catena, che veniva espresso evocando l’immagine del battito d’ali di un ape in Asia il cui spostamento d’aria poteva determinare un uragano in America. Con la sua nota genialità Giulio Tremonti, riferendosi all’oggi, ha parafrasato il vecchio detto, affermando, “ questa volta pare sia stato il batter d’ali di un pipistrello in Cina a generare un virus globale che, sorvolando la via della seta, ha rotto (?) l’equilibrio globale”. E’ molto pertinente il punto interrogativo nel mezzo della frase, perché dimostra come la pandemia sia stata certamente la causa deflagrante, ma di una crisi che aveva origini lontane nella assoluta incomparabilità tra le grandezze dell’economia reale e quelle divenute fantasiose delle monete che dovrebbero rappresentarle. Tale fenomeno era apparso evidente dopo la crisi del 2008, ma la comunità internazione ha finto di non accorgersene, anzi ha aumentato il divario, continuando a stampare moneta o a farne lievitare la quantità virtuale attraverso l’azione delle Banche Centrali. In Europa Mario Draghi, ben consapevole del problema, ha cercato di sostenere le economie dei Paesi dell’area Euro attraverso il Quantitative Easing, che è servito principalmente a sostenere i Paesi più fragili, come l’Italia, vincendo, grazie anche al suo prestigio personale, le resistenze della Germania. Oggi, di fronte ad una crisi molto più grave, con una guida della BCE nelle mani più fragili di un’ondivaga Lagarde e la leadership della Merckel in declino, la Corte federale di Karlsruhe, sostanzialmente la Corte Costituzionale tedesca, ha emesso una sentenza, ancorchésostanzialmente interlocutoria, ma che definisceillegittimi gli acquisti di titoli del debito dei Paesi dell’area Euro che non tengano conto di un sostanziale equilibrio con le contribuzioni dei vari Stati. Si tratta di una linea tradizionale della destra germanica e che ha pesato molto nel faticoso cammino verso gli Stati Uniti d’Europa ma che, oggi,se non fosse respinta, produrrebbe un disastro, anche in considerazione della formidabile Crisi economica che il mondo sta attraversando e che potrebbe determinare la fine dell’attuale UE e dell’Euro come moneta comune, con una BCE gravata da oltre 2.660 miliardi di debiti.
Più in generale nel mondo moderno, dominato da una fantasiosa quanto pericolosa finanza, se non si ritorna ai principi evocati a Bretton Woods attraverso un trattato internazionale che cerchi di regolare l’economia mondiale, insieme alla creazione, se non di una moneta unica, almeno di un sistema globale di determinazione delle parità tra esse, sarà impossibile tentare un riavvicinamento, almeno progressivo, ai valori reali della ricchezza. Questo è un percorso necessario, che responsabilizza una classe dirigente mondiale, che, a differenza del passato, non sembra in grado di riconoscersi in Stati forti e leader di prestigio all’altezza di guidare una fase che si presenta forse come la più complessa della storia recente e che mette in discussione persino i principi ed i valori fondanti delle democrazie liberali.

Ottimo articolo. C’è da aggiungere che proprio oggi la Corte di Giustizia dell’UE ha tenuto a precisare di essere l’unica competente a valutare l’operato della BCE, così di fatto smentendo l’entrata a gamba tesa della Corte Federale tedesca: Lussemburgo batte Karlsruhe 1 a 0, almeno per ora.