- Ormai, neppure i notisti politici dei maggiori quotidiani nazionali mancano di dare il loro contributo necessario per dare agli Italiani una visione falsa (fake) e distorta delle realtà nazionale.
In luogo del tradizionale grido d’allarme per l’aggravarsi di una delle maggiori patologie dell’ italica vita democratica, un noto giornalista della carta stampata, a proposito dell’iniziativa giudiziaria per accertare responsabilità in merito al modo in cui si è tentato (o meglio: non si è tentato adeguatamente) di fronteggiare i casi più eclatanti di deflagrazione della pandemia del Covid19, ha pensato di fare una scelta di campo tra colpevolisti e innocentisti, senza neppure porsi il problema dell’invadenza di un pubblico ministero in un campo in cui le responsabilità sono meramente politiche e non penali.
Provare che ciò “che non si è fatto” possa essere valutato per fini punitivi a titolo di dolo o colpa grave è un’aberrazione che può immaginarsi solo in un Paese in cui la confusione tra i poteri dello Stato (di cui due allo sbando: esecutivo e legislativo e il terzo sempre più invadente) regna sempre più sovrana.
Chiedere che un “osservatore qualificato in materia” sia esperto almeno di responsabilità politica, non è chiedere la classica luna nel pozzo!
Il ricorso all’apparenza per nascondere, celare o dare una falsa immagine della realtà, è anche dimostrato da un altro evento recentissimo, tuttora in pieno svolgimento: i cosiddetti Stati Generali, organizzati dal Governo in carica nella palazzina Algardi di Villa Doria-Pamphili (che, blindata, è diventata una sorta di ennesima “zona rossa”).
Lo scopo, più che dichiarato sbandierato, è quello di un convegno di ben dieci giorni per studiare i provvedimenti da adottare in Italia, dopo gli effetti disastrosi sull’economia del Coronavirus.
Per il primo ministro Italiano è stato l’occasione per invitare personaggi a vario titolo influenti nell’Unione Europea (Ursula Von Der Leyen è stata solo la ciliegina sulla torta).
Per evitare di dare l’impressione di inaugurare una passerella si è coperta di fakeuna colossale perdita di tempo.
E’ di tutta evidenza, infatti, che fingere di parlare, in termini vaghi e fumosi di cose da considerare utili e concrete, per un Governo claudicante e sotto tiro significa niente altro che guadagnare tempo per allontanare il momento di una resa dei conti.
In altre parole, si è montata una gigantesca messa in scena per salvaguardare ancora per una manciata di giorni, nell’attesa dell’estate, la durata dell’Esecutivo.
Non sono questi, però, gli unici episodi in cui il Fake è uscito indisturbato (per così dire “in libera uscita”) dal campo delle sole News.
Il fenomeno si è propagato a macchia d’olio nella vita collettiva e sociale dell’Italia (e non solo di essa).
E’ stata, per esempio, una clamorosa falsità, per i tifosi ultras dei grandi centri metropolitani (l’un l’altro contrapposti: laziali e romanisti, interisti e milanisti), pretendere di fare apparire la loro rabbia come un impegno e una contestazione di natura politica.
Anche tutta la drammatica vicenda del Covid19, con l’utilizzazione spregiudicata di rabbiosi e incontrollabili virologi, empidemiologi, infettivologi e burocrati di fedele osservanza governativa, è stata intessuta di fake, idonei a mettere all’angolo gli avversari politici, anche a costo di terrorizzare i cittadini con possibili effetti dannosi, post-pandemici, sulla loro psiche.
Inoltre, si fa largo uso delle falsità desunte dalla stampa, dalla radiotelevisione, dai socialcome fake-newsda parte degli uomini politici che vedono stimolata la loro facondia nel coniare facili epiteti ingiuriosi nel linguaggio delle loro quotidiane battaglie.
In altre parole, i fakesi tramutano spesso in slogan e diventano talora luoghi comuni, citati, con stentorea sicumera, dai fanatici di un’idea politica come verità incontrovertibili.
Il quadro complessivo che ne risulta è, decisamente, buio e negativo.
La gente, però, comincia a mostrare segni di stanchezza.
I teleutenti seguono con partecipazione sempre minore il “bla bla bla” dei talk showtelevisivi dei “soliti noti”. I lettori di giornali interrompono spesso a metà la lettura degli articoli sulla stampa dettati dal livore e dal rancore.
Molti cominciano a essere stufi anche di un linguaggio sempre più sterotipato oltre che dell’abuso di stupidi termini come sovranisti, suprematisti, populisti, trumpisti, putinisti. Queste espressioni palesano, in modo chiaro, unicamente il rifiuto manifesto di ogni riflessione attenta e meditata. E’, in altre parole, il sintomo di una superficialità e di un pressapochismo che sono stati elevati a veri e propri “sistemi di vita”.
E’ pur vero che tanti altri accettano e ripetono, in modo altrettanto emozionale e fanatico e con inutile e sadica veemenza, tali epiteti che ritengono sommamente ingiuriosi, ma il fatto che rappresentino solo una parte circoscritta dei cittadini è già un fatto positivo.
Comunque, la strada per raggiungere la meta di un pensiero libero e non condizionato da irrefrenabili spinte emozionali (prive, quindi, di ogni razionalità) è tutta in salita.
La situazione italiana (ed eurocontinentale) lascia pochi spazi all’ottimismo, anche se du di essi è opportuno soffermarsi.
E difatti, anche se fosse scontata l’irrealizzabilità di una società ispirata dalla logica, le soluzioni razionali che risolvono i problemi concreti, se ben formulate sia pure solo da parte di una minoranza, possono essere ugualmente convincenti per tutti; anche per chi non condivida le premesse teoriche di un pensiero libero.
La formulazione di un programma concreto di legislazione e di governo, pur predisposto sulla base di sottostanti e inespresse premesse teoriche, avrebbe, comunque, una sua forza autonoma di persuasione.
E’ superfluo ripetere ora quanto si è più volte scritto su questo giornale on line(a partire dalla riforma, assolutamente prioritaria e radicale, della giustizia fino alle istanze di revisione dei trattati dell’Unione Europea).
Se un’iniziativa volta a cambiare il volto del Paese ne tenesse conto, sarebbe un buon avvio di discussione.
E’ essenziale, però, che a formulare tali proposte non siano le forze della prima, della seconda e della terza Repubblica italiana, tutte compromesse per i risultati perniciosi e deleteri del cosiddetto “secolo breve”.
Da qui la necessità di un partito nuovo con solidi addentellati nella cultura politica, operativa, laica e pragmatica delle due uniche liberal-democrazie che, pur con i loro difetti (dovuti alla persistenza di un bigottismo protestante in materia sessuale) hanno funzionato e funzionano in Occidente meglio delle altre.
Se a ciò si aggiunge che sono state le uniche ad avere dato di prova di volere contrastare (sia pure con scarse probabilità di futuro successo) il capitalismo monetario e il possibile ritorno a un nuovo feudalesimo (con la moneta al posto del latifondo e i robot bancari in luogo dei servi della gleba) l’urgenza di costituire una tale forza politica diventa ancora più palese.
“Questo articolo non rappresenta la linea del PLI, ma viene volentieri ospitato su Rivoluzione Liberale, che come linea editoriale da sempre pubblica tutte le opinioni del variegato mondo liberale .”
