La sarabanda di note, articoli, commenti che ha accompagnato il preteso successo del primo ministro italiano nell’ottenere sufficienti fondi dall’Unione Europea per sanare le ferite inferte al Bel Paese dal Coronavirus darebbe spunto a molte considerazioni divertenti sul semplicismo italico, se le conseguenze dell’elargizione di tanta pecunianon fosse così tragicamente mirata alla distruzione dell’industria eurocontinentale e non puzzasse, quindi, di marcio.
Giornalisti della carta stampata e mezzibusti si sono cimentati in una gara al rialzo nel prevedere effetti magici e miracolosi. In Parlamento si è assistito addirittura a una ridicola standing ovation.
In una gara di “buonismo propositivo” firme note al grande pubblico hanno auspicato la destinazione di molti fondi al Sud, dimenticando o fingendo di non ricordare la disastrosa esperienza della Cassa per il Mezzogiorno con strade iniziate e finite nel nulla, ponti realizzati per poche arcate e poi abbandonati e via dicendo.
Non pochi hanno asuspicato la costituzione dell’ennesima Commissione Bicamerale, come organo di controllo della spesa, come se quelle precedenti avessero dato buoni risultati.
La maggioranza degli esperti (o presunti tali) ha raccomandato ai governanti di spendere bene il denaro che verrà elargito da Bruxelles, “ritrovando lo spirito del secondo dopoguerra mondiale”.
Ovviamente nel rievocare quei tempi ricchi di fervore ricostruttivo, chi pronuncia o cita l’invito a bene operare sente l’obbligo di menzionare uomini della tempra di Alcide De Gasperi, Ezio Vanoni, Raffaele Mattioli.
Omette, naturalmente, di ricordare che il miracolo italiano era stato quello di trasformare un Paese ancora prevalentente agricolo in una delle economie più industrializzate del mondo e finge di non aver capito (ma l’ipotesi che non l’abbia capito davvero per molti non è così sballata) che oggi il proposito (in mente retentum) dell’alta Finanza sia quello di fare sperperare un bel po’ di denaro per impedire la ripresa dell’economia industriale.
Pochi ricordano e sottolineano le differenze, enormi, tra la situazione generale di quei tempi lontani e quella di oggi.
A parte la riserva mentale di partenza (ben celata) dei banchieri, nel secondo dopoguerra mondiale, lo stanziamento di circa 14 miliardi di dollari da parte degli Stati Uniti d’America aveva consentito un piano per la ripresa economica europea (detto “Piano Marshall”, dal nome del segretario di Stato statunitense che l’aveva ideato), concordato “punto per punto” con i Paesi del Vecchio Continente (dopo il rifiuto dell’Unione Sovietica di parteciparvi).
E ciò nello spirito del capitalismo industriale di favorire la libera imprenditoria, limitare le politiche d’austerityimposte dalle necessità belliche e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni.
La diffidenza degli americani, all’epoca, era soltanto nei confronti dei comunisti che oggi sono ritenuti, invece, i destinatari del “malloppo” più affidabili dai banchieri.
La situazione del “dopo corona virus” si presenta, poi, di gran lunga diversa anche per lo scenario, in cui i Paesi continentali dell’Europa sono costretti a muoversi.
Esso non è per niente paragonabile a quello del secondo dopoguerra mondiale. Allora,l’accordo del Piano Marshallera rigorosamente paritario e non minacciava di essere sostituito da alcun diktatautoritario.
Oggi, i tecnocrati dell’Unione Europea, collegati con i vertici di Wall Streete della City, sono indotti a usare, la consueta, odiosa formula del “prendere o lasciare”.
Sugli interventi “mirati” la coltre di silenzio che li copre è ben comprensibile; sulle misure di sostegno della popolazione, la fantasia italiana nell’escogitare misure pauperistiche non ha, com’è noto, concorrenti.
Gli interventi di rafforzamento del sistema sanitario devono perdiktatdell’Unione completare il quadro degli interventi.
E’ rilevante chiedersi fino a quando la classe dei banchieri possa continuare ad avere l’appoggio non solo delle gerarchie della Chiesa cattolica e della Massoneria ebraica (e non) nonché dei leaderdellaGaucheOccidentale anche dei votanti per quella forza politica. Sinora è stato così. La Sinistra (con parte della Destra sedicente liberale) ha tentato di convincere gli Stati membri che l’Unione Europea fosse una sorta di “manna celeste” per le sorti dei Paesi della parte continentale. Per farlo, in Italia, si sono uniti in un solo abbraccio Prodi e Berlusconi, Zingaretti e Bersani con Renzi.
Se, però, la dipendenza dello schieramento politico della Sinistra eurocontinentale dal potere finanziario (per il tramite dei tecnocrati dell’Unione Europea) rappresenta, allo stato, una certezza, non si può essere essere convinti che essa persista nei suoi legami innaturali. Soprattutto, se la gente apre gli occhi e capisce l’inganno dei “veri interessi” da essa tutelati.
Naturalmente, per la gauche nel suo variegato complesso, v’è diversità tra la sua componente pauperistica religiosa e quella politica. Non v’è dubbio che Ebraismo e Cristianesimo nei loro apici non possono che essere sempre dalla parte dei Finanzieri: sono banchieri essi stessi da molti secoli.
Per la componente ideologica, il discorso diventa più articolato. Di norma, nessun potere, per quanto corrotto e corruttore, riesce a indurre un leaderpolitico (e meno che mai tutti i suoi seguaci) a “sposare” una linea d’azione fino al punto di precipitare insieme in una catastrofe elettorale: la sopravvivenza personale e del partito fa premio su ogni altra istanza.
La conseguenza, quindi, potrebbe essere che se aumentasse il malcontento popolare, a dispetto dei sussidi, dei redditi di varia denominazione, dei bonus, dei cunei fiscali elargiti a destra e a manca, un forte calo dei consensi potrebbe indurre i leader gauchiste a rivedere le sue posizioni di appiattimento sulla politica delle banche e cambiare posizione.
E’ vero che per la gente comune, dato il basso livello di perspicacia e di conoscenza politica, capire il rischio connesso alla de-industrializzazione e attivarsi per imboccare la strada giusta non è facile. Ma è altrettanto certo che lo strapotere dei latifondisti nell’ancien regimeindusse ugualmente la plebe ad armarsi di forconi. E quello dei banchieriminaccia di non essere diverso.
Certo: un pensiero veramente libero e non condizionato da fedi religiose o cervellottiche ideologie filosofiche (di sinistra o di destra post-hegeliana) potrebbe fare la differenza. Sarebbe in grado di far “capire” che agire per riprendere un posto adeguato tra i grandi poli produttivi manifatturieri del mondo consentirebbe alla libertà individuale di riespandersi nel settore dell’attività industriale, oggi ostacolata dalle misure dell’Unione. E ciò con benefici per tutti molto verosimili.
Si seguirebbe, in pratica, la strada percorsa dagli Stati Uniti d’America e dal Regno Unito di Gran Bretagna; soprattutto se si introducessero misure doganali per arrestare il predominio di Stati che producono merci con lavoratori (costrittivamente) a basso costo.
