Ormai in troppi dicono che chi ha una bassa percentuale di consenso elettorale nei sistemi maggioritari non conti nulla in sede decisionale.
Anzi, sia del tutto “irrilevante”.
Ci permettiamo di catalogare come altamente qualunquistica una tale asserzione.
Che potrebbe essere frutto di un entusiastico dilettantismo politico giovanile, ma non di frequentazione dei livelli asembleari pubblici.
Nei sistemi maggioritari, infatti, é una regola d’oro il comprendere per intero il valore delle “utilità marginali”.
Che cosa è una utilità marginale?
Rimando allo studio universitario per quanto attiene le più elevate teorie microeconomiche, perché qui vorrei ragionare solo di politica.
Il nostro arcano é quel minimo valore percentuale (fino al 3%) che ti consente di vincere il Collegio uninominale, ovvero di far scattare quel premio di maggioranza che ti garantirà una navigazione del tutto tranquilla nel corso del mandato. Questo accade nei sistemi maggioritari com’è, di fatto e sostanzialmente, il nostro modo di ripartire i seggi parlamentari e pure quelli della maggioranza nei nostri Enti Locali, contrapposto a quello che -nei sistemi elettorali in chiave proporzionale- è il “quid” che ti garantisce la maggioranza.
Ovvero ancora, in occasione della elezione del Presidente della Repubblica, é quel drappello di elettori (anche “franchi tiratori”) che ti consente di scavallare la maggioranza dei 2/3 nelle due prime votazioni, oppure -infine- quella assoluta, dalla terza in poi.
Anche nei Consigli Comunali, per scendere più in basso, é l’insieme di quei pochi voti che fanno dormire sonni tranquilli al Sindaco ove accadano (come spesso avviene) degli imprevisti o imprevedibili “mal di pancia” in occasione delle approvazioni dei Bilanci Preventivi.
Insomma, in una parola, l’utilità marginale é una forza che sarebbe giusto elevare al livello di vera riserva democratica.
Pochi la apprezzano, anzi i piú snob la disprezzano: quelli che di solito hanno sdegnosamente la “puzza sotto il naso”.
I più trogloditi, addirittura, la “schifano”.
I più attenti, invece, la apprezzano, accarezzano, curano e talvolta pure assecondando.
Questa è la democrazia, bambole.
Il compianto Aldo Moro, ad esempio (un Faro per questa Repubblica ormai, ahimè, del tutto abborracciata), costruì proprio sulle utilità marginali di questo o di quel Partito minore fìor fiore di tesi politiche.
Forse tentò pure (mi si consenta questo ardimento) di convincere i propri assassini di salvare la Sua Alta figura politica e morale: quei delinquenti, tuttavia, misero in atto il più brutale evento maggioritario.
Eliminarono del tutto l’ostacolo.
Un colpo e via.
È una logica (mi si perdoni il blasfemo accostamento, ma mi è apparso del tutto in linea con il ragionamento che sto portando avanti) assai approssimativa quella che il duo Meloni-Salvini stanno perpetuando in uno dei momenti più drammatici della nostra storia civica: peró questa é la cifra politica di questi due personaggi. Che completa degnamente lo scenario 5S.
Un colpo (un voto in più) e prendo tutto il banco.
No: non è affatto seguendo questi approcci “grossier” che si fa una buona politica.
Ma purtroppo, temo, ce ne dovremmo accorgere strada facendo.   Sia ben chiaro.
Noi liberali rifiutiamo del tutto questi approcci amatriciani.
Che possano governare le valli padane (dove si è già capito tutto con la pandemia) o poche grandi città c’è solo da aver paura da chi non concepisce proprio il valore democratico delle utilità marginali e dei partiti minori.
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