C’è un concetto basilare che ogni liberale2.0 deve tenere bene in mente e che segna l’evoluzione tra il PLI di oggi e le pur positive visioni dei nostri bisnonni.
Lo Stato moderno implica pure una qualche forma civica di stampo solidaristico, mentre in quello ottocentesco (che pure raffigurava un notevole avanzamento sociale rispetto a dei vecchi regimi che non riconoscevano affatto una dimensione di parità e di “pietas” umane) la stessa -nel pensiero liberale di allora- si limitava solo alla difesa del Paese e alle sue garanzie di ordine interno (Stato gendarme).
Per il liberale2.0, invece, anche un qualche livello di solidarietà sociale assume grande valore e -in ogni Stato moderno- la sua tutela (più o meno ampia) dovrebbe essere pure un preciso dovere del potere politico.
A queste guarentigie, per converso, corrispondono tutta una serie di doveri per il cittadino: in primo luogo l’esercizio del diritto attivo e passivo di voto; il corretto uso del diritto di cittadinanza; la crescita e adeguata educazione dei figli, nonché il riposo lavorativo settimanale, tanto per fare degli esempi, raffigurano questa gamma di fattispecie.
Un particolare rilievo tra esse assume la cd. “questione sociale”: vale a dire (sempre a mò di esempio) l’unione di lavoratori in forme di rappresentanze sindacali e pure l’assegnazione a ogni cittadino di forme di tutela previdenziale, così come il diritto a delle prestazioni sanitarie adeguate e gratuite.
Tutte queste fattispecie, pare a noi, debbano essere i nuovi tagli di vestito che dovrebbe indossare un liberale moderno, che dovrà pure graduarne confezionamento e colore in un momento di crisi economica.
Dall’ultimo dopoguerra si è andata via via affermando, in Italia, una forma di Stato che trova -nella Costituzione- tratteggiate (pure da figure liberali di alto spessore) tutta una serie di graduazioni applicative che pure hanno perno nella Carta fondamentale.
Sono queste: i cosiddetti RAPPORTI Sociali, che hanno nella FAMIGLIA il primo e fondamentale nucleo costitutivo (la famiglia è una “società naturale”); laddove i coniugi, a ricaduta, hanno il dovere e il diritto di mantenere ed educare i figli (“anche se sono nati fuori del matrimonio”).
Invece compito precipuo del nostro Stato è fornire istruzione e cultura, di cui la Carta traccia le coordinate basilari, da impartirsi -in forma “obbligatoria”- per più anni.
La cittadinanza comporta pure la protezione dei cittadini: che non è solo quella della tutela in presenza di elementi turbativi dell’ordine pubblico, ma pure quella che attiene l’ordine economico, attuale e di prospettiva previdenziale, per i più anziani.
Anche la garanzia di una equa distribuzione della ricchezza prodotta (affinché essa non sia di appannaggio di pochi e si spalmi equamente) è un compito dello Stato.
È in questo quadro che pure le forme di copertura alle spese che il moderno Stato democratico deve affrontare, cioè le tasse, non possono non subire delle generiche considerazioni: per quanto attiene la congruità e la giusta ed equa proporzionalità delle stesse.
È fin troppo ovvio che neppure il Liberale2.0 può tollerare un livello di tassazione eccessiva, non proporzionata e perciò ingiusta.
Però egli capisce il perché la riduzione fiscale non può essere praticata più di tanto in presenza di un modello di “Stato pesante” qual’è l’attuale: perchè, per quanto si recuperino evasione ed elusioni, sarà solo vuota demagogia. Perché una opera esclusiva dal lato delle semplici entrate sarà solo destinata ad aumentare il deficit.
Solamente uno Stato dimagrito nei punti giusti richiederà minor cibo.
Ecco la vera riforma credibile che dovrà portare avanti il Parlamento: ridisegnando il taglio del vestito da più parti, perché il modello di giacca “a spalla imbottita” con il pantalone “a zampa di elefante” non ci piace più.
Questo è il senso profondo e credibile della rivoluzione liberale che vorremmo portare avanti.
Perché solo “Meno Stato” può portare al “Meno tasse”.
