In tanti si chiedono (io in primis) perché l’utilizzo dell’energia nucleare in Italia sia praticamente sparita mentre che all’estero addirittura trovi un incremento del suo utilizzo. La risposta a questo quesito viene decisamente spiegata dai due gravi incidenti vissuti nelle città di Chernobyl (Ucraina, Aprile 1986) e Fukushima(Giappone, Marzo 2011).

Questi due eventi, che hanno segnato la storia dell’umanità, dovrebbero bastare per farci smettere di sviluppare tale energia e di conseguenza supportare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Tnp) ma la dinamica di questo settore ci deve far riflettere soprattutto in ottica del cambiamento climatico.

Partendo in ordine, ricordiamoci che il Tnp è l’accordo che sta alla base del sistema internazionale di non proliferazione nucleare dagli anni ’70. Come è noto, esso è il risultato del compromesso tra potenze nucleari e stati non nucleari in base al quale i secondi si impegnano a rinunciare alle armi nucleari, evitando così la proliferazione delle medesime, in cambio dell’impegnodelle cinque potenze nucleari (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Cina, Russia) al disarmo e a promuoverela cooperazione   relativamente all’uso civiledell’energia nucleare.

L’accordo ha aiutato nella non proliferazione del nucleare ma purtroppo, oltre a non coinvolgere alcuni Stati, ha visto in parte disattesi gli impegni delle potenze nucleari. Inoltre, vediamo Nazioni come: Stati Uniti,Francia, Cina, Giappone, Russia, Corea del Sud,Canada, Ucraina, Regno Unito e Svezia nella Top 10 per capacità di produzione di energia dal nucleare, di cui ben 5 si trovano in territorio Europeo e l’Italia dipende enormemente, per la somministrazione dei diversi tipi di energia, dalla Francia e la Russia.

Da tutto ciò si evince che il mancato approfondimento di questa situazione, insieme all’asimmetria dell’informazione sul nucleare, mantiene gran parte della popolazione con un atteggiamento restio ma leggendo l’intervento, su un giornale, dell’esperto Alberto Stabilini, ingegnere nucleare cremasco di 32 anni che vive in Svizzera e lavora all’Ispettorato federale per la sicurezza nucleare, ho compresso meglio quanto è importante per l’Italia cercare di puntare sul nucleare.

Sul versante dell’affidabilità e sicurezza delle centrali nucleari Stabilini spiega:Una fonte di energia totalmente pulita non esiste e nemmeno una totalmente sicura. L’incidente può sempre capitare, ma l’esperienza riduce i rischi. Oggi le centrali nucleari hanno un livello altissimo di sicurezza, garantito dai sistemi passivi che non prevedono malfunzionamenti. In quanto ai costi, l’investimento iniziale è elevato, ma si possono fare piccoli reattori modulari, ampliabili nel tempo. L’Italia non ha petrolio, non ha gas, non ha carbone: il nucleare sarebbe l’ideale”.

È innegabile che Chernobyl e Fukushima siano stati due incidenti catastrofici nel settore del nucleare, le cui ripercussioni sono da tenere ben in considerazione, soprattutto il primo. Detto ciò, si deve anche prendere atto degli incidenti derivanti dalle altre tecnologie di approvvigionamento energetico. Questi ultimi, sebbene magari coinvolgano un minor numero di persone, sono assai più frequenti degli incidenti nucleari, se non altro per il numero di impianti installati nel mondo. Se si analizzano i dati, si può restare stupiti del fatto che, alla fine, le vittime del nucleare sono ben inferiori di quelle di carbone, petrolio o gas”.

Stando alla spiegazione di Stabilini, l’interpretazione dei dati sui disastri proveniente dal nucleare è molto relativa se questi non vengono confrontati con gli altri segmenti dello stesso settore e una delle spiegazioni alla nostra diffidenza verso il nucleare proviene proprio da come vengono gestite le notizie su questa fonte di energia.

Ma ora mi chiedo, come la mettiamo sul versante dell’inquinamento e quindi del cambiamento climatico? Su questo Stabilini fa un esempio che al mio avviso chiude tutto il dilemma. Egli spiega: Siano gli impianti a combustibili fossili che quelli nucleari funzionano col medesimo principio: si brucia la materia prima perscaldare e far evaporare l’acqua. Quest’ultima trasformandosi in vapore alimenta una turbina, che genera elettricità. Il vantaggio alla base del nucleare è l’enorme rilascio di energia quando la struttura del nucleo di un atomo viene modificata, rispetto all’energia rilasciata dai normali processi chimici. Per dare un’idea, bruciare 5 grammi di combustibile nucleare in un reattore produce la stessa energia che bruciare 360 metri cubi di gas, o 400 chili di carbone. In ottica di cambiamento climatico, poi, il nucleare non produce anidride carbonica poiché non si genera alcuna combustione chimica. In linea di principio, gli unici prodotti in uscita dagli impianti sono le barre di combustibile esausto e vapore acqueo con il quale il calore in eccesso viene smaltito. Inoltre, con i reattori di quarta generazione si offrono ulteriori benefici, oltre alla produzione di energia (desalinizzazione delle acque, scissione delle molecole d’acqua ad alta temperatura per produzione di ossigeno e idrogeno, oltre a costituire un metodo dominante per la produzione di radioisotopi impiegati nella medicina, nell’industria e in altri campi)”.

Poi sul discorso delle scorie nucleari aggiunge: La comunità scientifica sta lavorando per ridurre sensibilmente la durata delle radiazioni e per vedere come trattare il combustibile esausto. L’uranio si può riutilizzare, mentre il trizio è utilizzato a livello industriale, ad esempio per produrre le lancette fluorescenti degli orologi”.

Insomma, parrebbe che tutta questa Demonizzazione del nucleare nel nostro bel Paese è figlia di una disinformazione che viene portata avanti da coloro che dovrebbero impulsare una serie di politiche avanguardiste e che soprattutto finiscano con la dipendenza energetica verso altre Nazioni. Sarebbe il caso di plasmare in maniera molto chiara e precisa la convenienza di questa risorsa per far in modo di non restare fuori dalle dinamiche che muovono il nostro mondo.  

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