Se in Francia tira un’aria ora del tutto diversa -Macron pare orientato a espatriare gli ex terroristi rossi non pentiti per i tanti reati criminali commessi in Italia- qui da noi è la stessa Magistratura a contraddirsi in atteggiamenti del tutto opposti.
Qui da noi va sempre tenuta alta la guardia sulla materia “Giustizia” .
Perché, ad esempio, nel mentre la Corte di Assise di Milano dichiara estinta (per prescrizione) la condanna a 16 anni e 11 mesi all’ideologo dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) per il delitto del povero Maresciallo Antonio Santoro -avvenuto nel 1978-, la Corte di Cassazione gli riconferma tutta intera la pena.
È moralmente irrilevante il fatto che Luigi Bergamin (73 anni) si trovi in Francia (dove ha passato non disturbato quasi mezzo secolo di vita) e che egli abbia -insieme ad altri nove terroristi, già condannati in via definitiva- deciso di autodichiararsi… “delinquente abituale” (perché, evidentemente, ispirato dal proprio angelo custode azzeccagarbugli, ndr.): per poter transitare il traguardo della prescrizione che scatterà l’8 aprile p. v.
“Loro hanno dichiarato di essere in guerra e i crimini di guerra non si prescrivono”, ha dichiarato uno dei familiari della povera vittima.
Non sarebbe il caso di definire più precisamente diverse fattispecie di prescrizioni: in un Paese che ha passato tanti anni bui e nel rispetto di impegni di riforma già assunti in materia di “Giustizia” nel PNRR?
A questo proposito, secondo una classifica UE, il nostro Paese è piazzato nella posizione i coda per quanto attiene i tempi delle condanne: 531 giorni servono per sentenziare il I° grado di giudizio; 791 per il II° e ben 1302 per il 3° quello finale.
Oltre 7 anni per decidere. Troppi.
Sono stati messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza quasi 3 miliardi (2,827 milioni) per velocizzare tutti i processi, per la digitalizzazione e l’edilizia giudiziaria.
Sarebbe giusto partire proprio dalla rapidità dei processi: in un Paese che più volte è finito martirizzato dal terrorismo rosso e nero.
Invece il governo è partito dalla riforma elettorale del CSM e da regole più stringenti per quel Magistrato che opta (in via provvisoria) anche per la politica.
Non saranno più ammesse le cd. “porte girevoli”: fattispecie un pó anomala che consentiva i ritorni e pure garantiva doppi incarichi al di qua e al di là del confine di una Regione.
L’unanimità di voto nel CdM lascia ben sperare per una traduzione (con la fiducia?) positiva del Parlamento.
