Questa che segue è la prima parte di uno studio, predisposto sin dall’estate dello scorso anno (anche grazie alla collaborazione di Enrico Saponaro e Gabriele Maestri) e rimasto sin qui riservato ad un piccolo numero di politici e cultori della materia, allo scopo di sollecitarne l’ attenzione in vista della promozione di un referendum con l’obiettivo di fare rivivere la normativa elettorale del c.d. mattarellum , vigente prima della legge elettorale n. 270-2005 (c.d. porcellum).
L’elaborato, che si fa carico anche dei profili di criticità della proposta referendaria, è rimasto alquanto riservato per un anno, perché non intendeva essere esaustivo della materia, ma solo offrire un terreno di confronto alle personalità alle quali era stato inizialmente destinato.
Oggi, nel momento in cui, sulla scia del successo delle iniziative referendarie del 12 e 13 giugno, è tornato di attualità anche l’argomento del referendum in materia elettorale, su cui si è già registrata una meritoria, ma non esaustiva, iniziativa a cura di un Comitato Promotore coordinato dal prof. Stefano Passigli, credo che siano venute meno quelle ragioni di riservatezza che mi avevano indotto a soprassedere alla diffusione di questo elaborato, che quindi mi sento di offrire al pubblico dibattito con la pubblicazione su Rivoluzione Liberale, ben lieto se altri vorranno riprenderlo ed ulteriormente pubblicizzarlo, nella speranza che l’appello all’abrogazione dell’intera legge 270-2005 venga raccolto da chiunque abbia reale interesse a restituire agli elettori il diritto di scegliersi i propri rappresentanti.
Si tratta di una nota alquanto lunga e complessa, che per esigenze redazionali verrà pubblicata in più parti, a cominciare da oggi e nei prossimi giorni.
L’intento è quello di aprire uno spiraglio di prospettiva per chi, avendo perso la speranza che sia il Parlamento ad occuparsi della questione, si sente tuttavia impegnato a fare nascere direttamente dal Paese la spinta al cambiamento necessario, per evitare che anche il prossimo Parlamento venga nominato da poche persone, anziché essere eletto dai cittadini, nel reale rispetto dell’art. 48, comma 2, Cost.(“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto“), dell’art. 56, comma 1, Cost. (“La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto“) e dell’art. 58, comma 1, Cost. (“I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto“), come di fatto più non avviene a partire dal 2006.
1. Cenni generali
Il referendum è un istituto di democrazia diretta previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana. Esso si configura come strumento di consultazione della volontà popolare in ordine a determinate questioni, cui l’ordinamento attribuisce determinati effetti.
In particolare, la Costituzione della Repubblica Italiana prevede vari tipi di referendum :
1) quello che conclude il procedimento delle leggi costituzionali (art. 138);
2) quelli a carattere regionale (art. 123) sugli Statuti regionali o su leggi e provvedimenti amministrativi regionali;
3) quelli a carattere territoriale (artt. 132 e 133), sulla creazione, fusione e modificazione di Regioni e Comuni);
4) e quello abrogativo (art. 75) al fine di abrogare in tutto o in parte una legge o un atto avente valore di legge (con esclusione delle leggi tributarie, di bilancio, amnistia, indulto, autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali).
Nella trattazione che segue ci occuperemo solo di quest’ultimo, che è considerato l’evento referendario per antonomasia, anche per il largo uso che ne è stato fatto nel corso degli anni, e che ha da ultimo interessato il sistema elettorale italiano, con significative conseguenze anche sul sistema politico..
2. Il referendum abrogativo.
La disposizione costituzionale che ha introdotto nel sistema delle fonti il referendum abrogativo è l’art. 75, che detta i requisiti fondamentali dell’istituto, stabilendo in particolare che la consultazione su richiesta popolare può essere richiesta da 500mila cittadini.
E’ poi intervenuta la L. Cost. 11 marzo 1953 n. 1 che,dettando norme integrative della Costituzione concernenti la Corte Costituzionale, all’art. 2 ha precisato che spetta alla Corte Costituzionale giudicare in ordine all’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo, ai sensi del secondo comma dell’art. 75 Cost., riservando alla legge ordinaria di stabilire le modalità del relativo giudizio.
Il procedimento referendario ha poi trovato la sua specifica regolamentazione nella L. 25 maggio 1970 n. 352, che, in esecuzione dell’art. 75, u. c., stabilisce le modalità attuative dell’iniziativa referendaria secondo scansioni temporali ben definite.
2.a. iter referendario:
i. i promotori, in numero non inferiore a dieci, si presentano (muniti di certificati elettorali) alla Cancelleria della Corte di Cassazione e depositano il quesito referendario; la cancelleria ne dà atto in apposito verbale, copia del quale viene rilasciata ai promotori, e provvede a fare pubblicare il relativo annunzio sulla Gazzetta Ufficiale del giorno successivo (art. 7, 1° e 2° c., L. 352/1970);
ii. il quesito referendario deve indicare la legge o le parti di una legge di cui si propone l’abrogazione, secondo la seguente formula:”Volete voi che sia abrogata la….”, indicando specificatamente il numero ed il titolo della legge, e, in caso di abrogazione parziale, il numero degli articoli o dei commi di cui si propone l’abrogazione (art. 27 L. 352/1970);
ii. entro trenta giorni dalla presentazione del quesito, l’Ufficio centrale per il referendum, istituito presso la Corte di Cassazione, decide sulla legittimità della richiesta, individuando eventuali irregolarità che i promotori possono contestare entro cinque giorni ed eventualmente sanare entro venti giorni dalla relativa ordinanza della Corte, che poi decide definitivamente nelle successive 48 ore (art. 12.3 L. 352/1970);
iii. i fogli per la raccolta delle firme (ciascuno dei quali deve riportare, all’inizio di ogni facciata , il quesito referendario) devono essere presentati alle segreterie comunali o alle cancellerie degli uffici giudiziari, dove vengono datati, vidimati e così restituiti ai presentatori entro due giorni (art. 7, comma 3°, L. 352/1970);
iv. entro tre mesi dalla data del timbro apposto sui fogli, almeno tre promotori devono presentarli alla cancelleria della Cassazione, dichiarando il numero di firme che appoggiano la richiesta, autenticate nelle forme di legge col corredo dei certificati di iscrizione nelle liste elettorali di ciascuno dei sottoscrittori (art. 28 L. 352/1970);
v. le richieste referendarie devono essere come sopra depositate presso la cancelleria della Cassazione nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 30 settembre di ciascun anno (art. 32.1 L. 352/1970);
vi. nessuna richiesta referendaria può però essere presentata nell’anno anteriore alla scadenza di ciascuna Camera o nei sei mesi successivi alla data di indizione delle elezioni di una delle Camere (art. 31 L. 352/1970);
vii. subito dopo il 30 settembre di ogni anno, l’Ufficio Centrale presso la Cassazione esamina tutte le richieste depositate, verificando se sono conformi a legge, esclusa la valutazione dell’ammissibilità che è demandata alla Corte Costituzionale (art. 32.2 L. 352/1970);
viii. entro il 31 ottobre l’Ufficio procede alla concentrazione delle proposte uniformi o analoghe, rileva eventuali irregolarità ed assegna un termine, comunque non successivo al 20 novembre, entro il quale i delegati o i presentatori possono contestarle od eventualmente sanarle (art. 32.3 e 32.4 L. 352/1970);
ix. entro il 15 dicembre l’Ufficio Centrale decide con ordinanza definitiva sulla legittimità (in particolare, quanto alle firme che la sostengono) delle richieste referendarie, eventualmente concentrandole se uniformi o analoghe (art. 32.6 L. 352/1970), e, sentiti i promotori, stabilisce la denominazione del quesito referendario da riprodurre sulla scheda di votazione (art. 32. 7 L. 352/1970);
x. ricevuta la comunicazione della legittimità del referendum, la Corte Costituzionale fissa il giorno della deliberazione in camera di consiglio entro il successivo 20 gennaio, nominando il relatore chiamato a riferire sull’ammissibilità delle richieste referendarie (art. 33.1 L 352/1970) e dandone comunicazione ai delegati o presentatori ed al Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 33.2 L 352/1970);
xi. sino a tre giorni prima della data fissata per la deliberazione, i delegati, i presentatori ed il Governo possono presentare memorie sulla legittimità costituzionale di ciascuna richiesta referendaria;
xii. la Corte Costituzionale adotta la sua decisione circa l’ammissibilità delle richieste con sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio (art. 33.4 L. 352/1970), e la decisione è comunicata entro i successivi cinque giorni al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle due Camere, al Presidente del Consiglio,all’Ufficio centrale presso la Cassazione, ed ai delegati o ai presentatori, ed entro lo stesso termine è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (art. 33.5 L. 352/1940);
xiii. ricevuta la comunicazione della sentenza di ammissibilità del referendum, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice con decreto il referendum, a tal fine fissando una data compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno (art. 34.1 L. 352/1970);
xiv. nel caso di anticipato scioglimento anche di una sola delle Camere, il referendum già indetto s’intende automaticamente sospeso all’atto della pubblicazione sul la Gazzetta Ufficiale del decreto di indizione dei comizi elettorali (art. 34.2 L. 352/1970), ed i relativi termini procedimentali riprendono a decorrere a datare dal 365° giorno successivo alla data dell’elezione (art. 34.3 L. 352/1970).
xv. se il referendum effettivamente si svolge, la proposta referendaria risulta approvata alla doppia condizione che abbia partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto e che la proposta abbia conseguito il voto favorevole della maggioranza dei voti validi (art. 75.4 Cost. e art. 36 L. 352/1970);
xvi. se il risultato del referendum è favorevole all’abrogazione, il Presidente della repubblica dichiara l’avvenuta abrogazione con proprio decreto (art. 37.1 L. 352/1970), che viene pubblicato immediatamente sulla Gazzetta Ufficiale e inserito nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei decreti (art. 37.2 L. 352/1970);
xvii. l’abrogazione ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione, ma il Presidente della Repubblica, nel medesimo decreto e su proposta del Ministro interessato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, può ritardare l’entrata in vigore dell’abrogazione per un termine non superiore a 60 giorni dalla pubblicazione (art. 37 L. 352/1970).
In sintesi, l’iter referendario inizia ad opera dei promotori, subisce un primo vaglio di legittimità formale ad opera dell’Ufficio Centrale presso la Cassazione, prosegue con la raccolta delle firme autenticate necessarie per valutare la serietà della proposta sul piano di un sufficiente consenso popolare, passa poi attraverso il vaglio del medesimo Ufficio Centrale circa la legittimità della richiesta ed in particolare della numerosità e regolarità delle firme che la supportano, approda quindi alla Corte Costituzionale che valuta nel merito l’ammissibilità dei quesiti, e si conclude con la chiamata al voto di tutti i cittadini maggiorenni, la cui partecipazione e volontà positiva, se maggioritarie, determinano l’abrogazione della legge (o di parti di essa), cui segue la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Se invece il risultato del referendum è negativo se ne dà notizia sulla G.U. ed una nuova proposta referendaria sul medesimo oggetto non può essere avanzata prima che siano decorsi cinque anni (art. 38 L. 352/1970).
Infine, se prima dello svolgimento del referendum, la norma in questione viene abrogata nelle forme ordinarie, l’Ufficio centrale presso la Cassazione dichiara che le operazioni referendarie non avranno corso (art. 39 L. 352/1970).
Come si appena visto attraverso la sommaria descrizione dei vari passaggi, il Costituente prima ed il Legislatore dopo, hanno voluto comprimere lo strumento referendario entro confini sostanziali, procedimentali e temporali alquanto ristretti, predisponendo un percorso obbligato che risulta scandito da formalità e tempi che fanno della via referendaria un percorso irto di ostacoli, per il cui superamento occorre, oltre che una forte volontà politica, una grande capacità organizzativa e di mobilitazione dell’opinione pubblica, prima ancora di approdare al vaglio del consenso popolare.
(segue)

La scelta di rendere pubblico questo lavoro si inserisce a pieno titolo nello spirito che ha motivato la nascita di Rivoluzione Liberale, come precisato in maniera efficace e gradevole in un precedente articolo a firma del segretario del PLI de Luca, al di là dei numerosi tecnicismi che per forza di cose sono presenti e ne rendono più ostica la lettura. E proprio in relazione alle difficoltà di carattere organizzativo che si accennano a conclusione di questa prima parte, che mi pare opportuno riportare la notizia data dal Corriere di oggi che riferisce di un’altra iniziativa referendaria, promossa da Luigi Castagnetti e che per ora, pare abbia riscontrato giudizi favorevoli da parte dei senatori Pd Ceccanti e Tonini e del segretario Pd Bersani. Castagnetti, con l’ausilio di alcuni costituzionalisti avrebbe prodotto due quesiti referendari capaci di abrogare il Porcellum e riportare in vita il Mattarellum. Potrebbe essere questa la proposta più vicina alle intenzioni del PLI alla quale aderire e contribuire?