Cloto, Lachesi e Atropo, le tre Moire, figlie di Zeus e Temi (in greco, l’ordine), erano tre creature sovrannaturali che presiedevano al destino di uomini e Dei. Chiamate per questo anche fatae nella successiva mitologia romana, in quanto personificazione del fato ineluttabile, avevano il compito di tessere il filo del destino di ogni essere vivente, di svolgerlo sul fuso ed infine di reciderlo, segnandone la morte. Il loro ruolo era talmente fondamentale nella tradizione, tipicamente fatalista, della mitologia greca classica, che nemmeno gli Dei potevano contrastare il loro operato.

Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch, note come le big three, le tre maggiori agenzie di rating a livello mondiale, sembrano svolgere oggi un compito simile.

Formalmente al di sopra di ogni favoritismo nazionale, dispensano analisi e valutazioni seguendo il mercato ed allo stesso tempo orientandolo verso l’una o l’altra speculazione.

Poco contano i cori di voci dei miseri umani che si levano ogni qual volta si sentano oggetto di un accanimento od una discriminazione da parte delle tre grandi.

Venerdì 17 giugno scorso (data significativa per chi senta ancora un briciolo di fatalismo nella propria cultura) al primo allarme lanciato (a metà maggio) da S&P si è unito il secondo, stavolta proveniente da Moody’s, che ha avviato una ricognizione, da risolversi entro 90 giorni, sulla capacità dell’Italia di mantenere il rating Aa2 attuale, stabile da ormai nove anni.

“L’Italia è la stessa, la conosciamo bene, ma è lo scenario che è cambiato, la crisi del debito sovrano europeo è in evoluzione. Per questo valuteremo nei prossimi mesi fino a che punto, in questo contesto peggiorato con tassi d’interesse, spread e costo della raccolta al rialzo, se l’Italia con le sue debolezze strutturali, la bassa crescita e l’alto debito pubblico sarà in grado di attuare il piano di risanamento dei conti pubblici” ha spiegato Kockerbeck, vice-presidente di Moody’s, al Sole 24 Ore.

L’interconnessione tra questi fattori, unito alla perdita di supporto del Governo da parte dell’elettorato, ha portato la seconda agenzia di rating al mondo a rivedere la stabilità della situazione italiana, scatenando nella sessione successiva di Piazza Affari un tonfo per le attività italiane e un aumento ulteriore dello spread tra i Btp e Bund tedeschi, che ormai segna un record quasi quotidiano.

Pochi giorni dopo sono state messe sotto osservazione anche le principali società pubbliche italiane, Enel, Eni, Finmeccanica, Poste Italiane e Terna, nonché 23 fa Regioni, città e Provincie.

Infine, il 23 giugno, l’osservazione si è allargata anche al settore bancario, con 16 banche a rischio di declassamento e altre 13 che da outlook (prospettiva di lungo termine) stabile sono passate a negativo, non tanto per il rischio di contagio greco, ma piuttosto perché “sensibili anche a piccoli cambiamenti nel merito di credito del governo e nella sua capacità di supportare il sistema bancario del Paese”.

Insomma, un’osservazione a tutto campo del “sistema paese” italiano, che ora dovrà dimostrarsi più stabile di quanto gli analisti suppongano se non vorrà trovarsi nella situazione degli altri Paesi europei alla deriva. La situazione è seria e gli occhi di tutti sono puntati sulla manovra economica da 47 miliardi al varo del Consiglio dei Ministri, che sembra essere l’ultima chance per evitare il downgrade e la speculazione finanziaria che ne seguirebbe. Anche se, come ricorda fatalisticamente Kockerbeck, “il declassamento può dipendere da fattori che l’Italia non può controllare”.

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