Forse è arrivato il momento di cambiare, di svecchiare il sistema che porta alla designazione del vincitore del Premio Strega di letteratura, giunto quest’anno alla sessantacinquesima edizione. Perché non c’è sorpresa, non c’è pathos né, quindi, attesa. Nello scenario della rinascimentale Villa Giulia a Roma (pregevole locazione che, invece, speriamo non cambi mai… ), pare celebrarsi solo l’occasione, per così dire mondana, in cui domina la discreta mangiata organizzata per il pubblico, di certo più interessato a mozzarelline di bufala, gnocchetti sardi e cuscus – annaffiati da vini di tutto rispetto – che a quelli che dovrebbero essere i protagonisti della serata, i libri naturalmente.
Ecco perché la vittoria del quarantasettenne Edoardo Nesi (138 voti, grande distacco sui colleghi in lizza), autore di Storia della mia gente, edito Bompiani, passa quasi inosservata. In molti, quando abbandonano la lussuosa mensa, neppure sanno chi è arrivato primo, figuriamoci secondo, terzo, quarto e quinto. E chissà se abbiano letto (ci concediamo un processino alle intenzioni… ) almeno uno dei romanzi usciti lo scorso hanno e prescelti per il gran finale di questa storica competizione. Forse per questo, come già detto, è giunto il tempo di un mutamento nel congegno di uno dei più importanti rendez-vous artistici del panorama internazionale.
Seduti ai riservatissimi tavoli circondati dalla incantevole cornice del Ninfeo interno alla villa – situata nella piccola valle in cui la collina dei Monti Parioli scende al Tevere – i ‘famosi’ 400 Amici della domenica (originariamente gli amici dei Bellonci, fondatori dello Strega, oggi un gruppo misto di 400 intellettuali, vip e personalità) – cui spetta, a vita, l’onere e onore di cingere di corona il libro vincitore – all’inizio della manifestazione già applaudivano Nesi senza alcuna ombra di dubbio. Ma come è possibile, si chiederebbe un ingenuo? Ma che la fanno a fare questa benedetta finale, o seconda votazione, dopo quella effettuata per sancire la cinquina culminante? E’ vero che Nesi alla vigilia era dato per favorito e che nessuno deve mettere in dubbio la qualità della sua opera. Ma è pur vero che l’anima delle sfide è la possibilità del ribaltamento del pronostico. Invece niente. L’unico che abbia invano tentato di mantenere un po’ di incertezza è stato proprio il bravo romanziere toscano, che prima della chiusura diceva che “essere dato per favorito non conta nulla, so per esperienza che qui tutto si crea e si disfa”. Sì, caro Nesi, forse una volta. Legittima, comunque, la sua soddisfazione all’annuncio ufficiale: “Questo premio vale per tutte le persone che hanno perso il lavoro. Lo dedico a Prato che è una città meravigliosa”.
Cambiare, si diceva. Per disperdere dicerie – quelle a esempio sollevate dal settimanale ‘L’Espresso’, tipo che lo Strega sia condizionato dal voto di scambio, da preferenze manovrate dalle case editrici (dopo Mondadori, che ha vinto sette edizioni delle ultime dieci, toccava dare spazio a un volume Bompiani del gruppo Rcs Libri). Certo, non per dare ragione al sempre polemico periodico, ma l’idea è proprio questa. Sono, i romanzi finalisti, davvero i migliori pubblicati circa dodici mesi prima? Sembra voler far pulizia di malizia proprio il presidente Rcs, Paolo Mieli (ex direttore del Corriere della Sera): “Lo Strega mantiene intatto tutto il suo fascino. E’ un premio dove non si sa mai chi sia il vincitore. I giochi degli editori si compensano e alla fine vince il migliore, e anche i libri che non vincono, se sono di valore riscuotono un successo di pubblico”. Parola di uomo intelligente e colto. Ma il sospetto resta.
In questa occasione la società Strega Alberti Benevento – quella del liquore giallo, per capirsi – ha assegnato un riconoscimento speciale in memoria di Franco Alberti (1930-2010), per anni punto di riferimento nell’organizzazione del premio e imprenditore attento alla cultura, dai vivaci interessi di meridionalista. Per quarant’anni alla guida dell’industria beneventana, componente degli Amici della domenica dal 1952 e del Comitato direttivo, Alberti “univa al suo impegno di dirigente industriale la passione per la letteratura e per lo studio della realtà storica del Mezzogiorno d’Italia, concretatosi anche in pregevoli pubblicazioni presso l’editore Guida di Napoli”, come ha ricordato Tullio De Mauro, direttore della Fondazione Bellonci e presidente del Comitato direttivo del Premio.
Il romanzo vincitore: Nesi fu già finalista nel 2005 con L’età dell’oro (storia di un industriale fallito). Col nuovo libro, lo scrittore in qualche modo torna sul tema del tracollo finanziario. Stavolta si allarga e mette luce sulla evaporata presenza di ricchezza nel nostro Paese. Secondo lui colpa soprattutto dei cinesi, di un tipo di economia che avrebbe travolto il distretto industriale del tessile di Prato. Globalizzazione trappola. Licenziamenti in massa. Un reportage romanzato, con voluminosa componente autobiografica. Nesi, che è stato imprenditore tessile, originario proprio di Prato, è convinto che sia “compito della letteratura anche cercare di interpretare il reale”, vale a dire una generazione che invidia il benessere di cui si rallegrarono i propri genitori.
Il resto della classifica stabilita dalla giuria capitanata dal solito eccessivo Antonio Pennacchi (Strega 2010 con Canale Mussolini): seconda Mariapia Veladiano con La vita accanto (una donna brutta salvata dalla passione per la musica, Einaudi, 74 voti); terzo Bruno Arpaia, con L’energia del vuoto (possibilità che arte e scienza non siano più due culture opposte e separate, Guanda, 73 voti); quarto Mario Desiati con Ternitti (dramma dei duemila abitanti dei comuni del Capo di Leuca, in Puglia, emigrati in Svizzera per lavorare in una letale fabbrica d’amianto, Mondadori, 63 voti); quinta Luciana Castellina con La scoperta del mondo (fine del fascismo e il mondo che cambia, Nottetempo, 45 voti).
Ospiti illustri: oltre ai già citati Tullio de Mauro e Paolo Mieli, anche Sergio Zavoli, Stefano Rodotà, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, Dacia Maraini, Giuliano Montaldo, Sandro Veronesi, Alberto Bevilacqua, Monica Guerritore con Roberto Zaccaria e Francesco Maselli.
