Steven Spielberg scende in guerra per aggiungere un nuovo Oscar al proprio palmarès che di statuette hollywoodiane ad personam ne conta già quattro (1987, alla carriera; 1994, miglior film e miglior regia per Shindler’s List; 1998, miglior regia per Salvate il soldato Ryan), per non parlare dei Golden Globe e altri importantissimi premi. La guerra del cineasta statunitense, questa volta, è la Grande Guerra, come viene chiamato il conflitto esploso il 23 luglio 1914 e concluso l’11 novembre 1918. Sedici milioni furono i morti causati da quella che viene definita l’ultima carneficina di trincea.
Dopo aver portato svariate volte sul grande schermo la seconda guerra mondiale, con film del calibro dei già citati Shindler’s List e Salvate il soldato Ryan e ancora con L’Impero del sole – non dimenticando la splendida serie Tv Band of Brothers – Spielberg è in arrivo con War Horse, progetto che per l’argomento trattato e non meno per acute tattiche di distribuzione, sembra confezionato apposta per dominare la serata degli Oscar 2011 il prossimo dicembre. Ma per vederlo in Italia sarà necessario pazientare fino a febbraio 2012.
Questa nuova opera filmica è stata ispirata dall’omonimo racconto per ragazzi, scritto nel 1982 da Michael Morpurgo. Ambientata proprio all’inizio della guerra nella campagna inglese, la vicenda racconta l’indistruttibile e commovente amicizia tra un ragazzo, Albert (interpretato da Jeremy Irvine, al suo primo film) e il suo cavallo Joey, separati a causa della decisione dei genitori di Albert (gli attori-garanzia Emily Watson e Peter Mullan) di vendere l’animale all’esercito a causa di problemi economici.
“La passione, il sentimento e il messaggio contenuti nel libro sono universali e potranno essere apprezzati in tutto il mondo”, ha dichiarato Spielberg.

Lo vedrò, ma temo una delusione: purtroppo anche Spielberg ha fatalmente imboccato il viale del tramonto (“La guerra dei mondi”, “Indiana Jones 3”) e ho come il sospetto che questo soggetto vada a replicare cose già viste, compreso il denso strato di melodramma che si mischia al sangue della guerra. Resto perplesso, ma quando esce ci vado.