Come molti di noi, ho appreso attonita della strage di Oslo.  Ho, come credo quasi tutti, subito pensato ad una strage di matrice fondamentalista islamica. Pur addolorata non ero sorpresa. Lo sono stata invece, quando dagli organi di stampa è emerso che l’attentatore, Anders Behrin Breivik, non faceva parte delle frange fondamentaliste islamiche, bensì cristiane.

Due riflessioni allora, la prima che, forse scottati dagli eventi mondiali recenti, siamo tutti vittima di un luogo comune: “strage uguale islamico”. Questo oramai ci ha portato a guardare gli islamici, anche i più moderati, con sospetto, pronti a difenderci da loro, piuttosto che dialogarci.

La seconda riflessione è sul fondamentalismo. In un mondo come il nostro evoluto e globale, come si può essere ancora fondamentalisti e come mai sentimenti nazionalisti, hanno ancora presa?

Confesso sinceramente che non ho una risposta a questa domanda. Arrischio solo qualche ipotesi: alcuni si sentono schiacciati dalla globalità e, non riconoscendo più la propria identità, sentono il bisogno di associarsi per rivendicarla con azioni plateali (e questo potrebbe essere valido per gli islamici come per qualsiasi altra confessione o nazionalità). Ma perché un’azione così violenta in nome di una confessione che professa il contrario, nonostante nel corso della storia si sia combattuto, anche ferocemente, ma teoricamente solo per difesa, in nome del cristianesimo? Squilibrio personale? Forse, anzi, sicuramente. Ma non solo. Credo albeggi in alcuni il desiderio di autoaffermazione, non solo personale, ma anche in nome di un popolo ed un credo, in questo pianeta oramai così confuso e – perdonatemi il termine, ma per fortuna – “mischiato”.

Ma questo desiderio di affermare la propria identità non può assolutamente giustificare atti di violenza. Penso al mio Paese, alla situazione in cui versiamo. Ritengo che anche noi dobbiamo  ritornare ad un vero dialogo, in cui una persona parla e l’interlocutore lo ascolta per davvero. E questo principio dovrebbe essere applicato a tutti, soprattutto nella politica. E’ provato che per combattere il nazionalismo (sia si esplichi in difesa di una confessione, che identità nazionale come anche lotta di classe) ci voglia la “vera“ democrazia. Aggiungo di stampo Liberale.

Infatti solo ascoltando davvero la voce dei cittadini, delle loro idee, delle loro identità, con piena apertura, rispetto e tolleranza (non inteso nell’accezione negativa che oggi diamo a questo termine), si evitano atti come quello di Oslo, che pur è avvenuto in Paese civile, che infatti non intende rinunciare alla propria democrazia, per un atto compiuto da un singolo squilibrato.

Siamo solidali con le vittime di questa strage e facciamo tesoro dell’accaduto!

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3 COMMENTI

  1. Premetto che sono stato tante volte nei Paesi Scandinavi (che considero una sorta di seconda patria per me) da essere profondamente turbato relativamente agli avvenimenti, amo moltissimo questi paesi che considero i più civili del mondo e mi ricordo dell’uccisione di Olaf Palme mentre usciva dal cinema decenni fa, nessuno ci voleva credere e penso che anche gli amici norvegesi fatichino a credere che questo dramma possa essere successo proprio a loro.
    Io aspetterei per comprendere bene se si tratta di una sola persona oppure di un’organizzazione. Infatti, se l’uccisione dei ragazzi laburisti può essere frutto di pazzo maniaco esaltato o quello che volete voi e ci può stare, mi sembra più difficile pensare alle deflagrazioni in Oslo come ad un atto della stessa metodologia.
    Il rischio è forte anche in Italia: i radicalismi stanno tornando prepotentemente di “moda”, i moderati sembrano in un angolo attualmente: questo si traduce in “way of life” di tipo talebano sia a sinistra quanto a destra senza prendere in considerazione alcun tipo di dialogo, la logica è la legge del più forte che come in un pendolo oscilla a seconda del “vento elettorale”. Sembra che questa gente abbia dimenticato i disastri degli anni di piombo e degli opposti estremismi anche se oggi la lotta non è contro lo Stato e le Istituzioni ma all’interno dei gruppi che ne fanno parte integrante e questo è ancor più pericoloso perchè le Autorità non hanno motivi per intervenire e ancor più pericoloso che fronteggiare uomini armati. In Italia l’odio e lo scontro tra comunisti e fascisti, mai sopito dalla fine della Guerra Civile ha trovato nuova linfa in questi ultimi anni, cioè da quanto gli ex-fascisti hanno preso a governare il PDL una volta terminata la “rivoluzione liberale” di Berlusconi nel 2006 creando un pertugio in cui l’estrema sinistra s’è infilata pesantemente ridestando ideologie che sembravano esaurite da diverso tempo.

    • Caro Enrico, mi trovi d’accordo, difatti il mio è un monito per noi italiani. Ai problemi che evidenzi, ne aggiungerei un altro: la Lega che, nemmeno troppo velatamente, inneggia al secessionismo. Questa Italia, a cui noi Liberali abbiamo dato un grande contributo nella sua unificazione, nella sua Costituzione, sembra potersi smembrare se non facciamo, tutti, un atto di umiltà pensando che quello che è successo ad Oslo, capitale di un paese civile e democratico, possa succedere anche qui. Se non riprendiamo un franco dialogo gli uni con gli altri, dimenticando demagogie da strapazzo, ancoraggi alle poltrone e stili di vita a dir poco discutibili, rischiamo molto. Questo confuso e confusionario scenario politico attuale è un terreno assai fertile per gruppi nazionalisti che vogliano cercare adepti.

  2. Cara Renata, sarebbe davvero molto bello se il dialogo oscurasse il clima di tensione e di odio sociale e politico che almeno a Milano si respira: una specie di resa dei conti tenuta repressa per anni o meglio decenni pronta a scatenarsi con una qualsiasi scusa. Il dialogo si diceva, beh se anche in un paese estremamente civile come Norvegia è ridotto rispetto al passato dobbiamo veramente convircerci che è arrivato il momento di concentrare senza indugi tutte le nostre forze affinchè esso ritorni prepotentemente un must da perseguire a tutti i costi.

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