Non è mica detto che un’alleanza di grandi musicisti possa dar vita a un gruppo rock capace di sfondare su un mercato discografico che sembra spegnersi sempre di più, ravvolto in una spirale inclemente, come uno zampirone in una serata di zanzare. Non è per niente detto. Anzi, la tradizione pare garantire l’opposto. Una sfilza di fallimenti da far impallidire i SuperHeavy (il nome pare trarre ispirazione da Muhammad Ali), la band composta di recente grazie a un’idea che sembra uscita dalla mente di un “alchimista pazzo”, brillante definizione di Dave Stewart, componente del gruppo di spericolati e progettista del piano, insieme a Mick Jagger. Sì, avete letto bene. Stewart, ex chitarrista degli Eurythmics (che poi scelse di cantare da solo), e Jagger – compositore, cantante che suona alla grande sia chitarra sia armonica – che ‘a tempo perso’ è anche il leader dei Rolling Stones.
Un passato di fallimenti, si diceva. Basti ricordare cocktail-gruppi dal futuro apparentemente dorato, che sono andati a farsi benedire. Per esempio: 1)Cream, prima unione di Eric Clapton e Jack Bruce; 2) Travelling Wilburys, patto di sangue tra George Harrison, Bob Dylan, Tom Petty; 3) Audioslave, proponimento artistico di Chris Cornell dei Soundgarden. Riusciranno gli ‘eroi’ di nome SuperHeavy a essere una super-band? Scippando per l’ennesima volta Alessandro Manzoni, “ai posteri l’ardua sentenza”. Sempre che il responso non giunga molto prima, senza bisogno di aspettare dei discendenti.
Detto dei due ‘capoccia’ (Jagger, duecento milioni di dischi venduti con i Rolling Stones; Stewart, ottanta milioni con gli Eurythmics), gli altri componenti sono la vocalist Joss Stone (ormai celebre voce soul, 3 milioni di copie a soli ventiquattro anni), il compositore-produttore indiano A.R. Rahman (film composer, sempre per gli anglofili) e – altra voce – Damian Marley, alias Junior Gong, ‘reaggista’ giamaicano, figlio (lo dice il nome stesso) dell’indimenticabile Robert Nesta Marley, Bob, per milioni di fan. Della serie, un frullato di ben distinte formazioni musicali.
Infatti, c’è un ingrediente che potrebbe fare di una ricetta tanto complicata, un piatto da leccarsi i baffi: l’intento di miscelare, amalgamare il sound iconico, figurativo delle colonne sonore di pellicole indiane (Rahman, oscar per le musiche del film The Millionaire di Danny Boyle), con il reggae (Marley), il blues e la musica soul (Stone), con il rock (Jagger) e il pop – o meglio synthpop, da sintetizzatore – (Stewart). In una parola, contaminazione.
E’ successo tutto molto in fretta e un po’ per caso. Mick Jagger, Dave Stewart e Joss Stone si incrociarono per la registrazione della colonna sonora del film Alfie (più che discreto, del 2004, diretto da Charles Shyer, con protagonista Jude Law). Inevitabili chiacchierate, scambi di idee e così via, naturalmente musica, musica e ancora musica. Da lì l’ispirazione di lavorare insieme. E, sempre un po’ per caso ma, perché no, anche per estrema competenza, misero ‘in mezzo’ anche Damian Marley e A.R. Rahman. Contaminazione, si è detto, e quindi un qualche giretto per il mondo, Francia, Usa, Cipro e chissà dove altro ancora. Insomma, questi cinque sono stati capaci di scrivere e registrare ventinove pezzi in appena dieci giorni. Ma l’album (ancora senza titolo, inciso a Los Angeles e in uscita il 20 settembre per Universal Music) dovrebbe contenere sette tracce, alcune delle quali anche abbastanza lunghe (si parla di alcuni brani di oltre un’ora). Il disco è stato rivelato alla stampa, in California, nel Jim Henson Studios. Il video di presentazione ha già registrato più di 80 mila contatti su ‘YouTube’.
Intanto, dell’opera globale, c’è un singolo, Miracle Worker, brano reggae scelto per ‘pasturare’, gettare l’amo e pare con successo, visto che da un po’ di tempo impazza in tutte le stazioni radiofoniche.
“Ci siamo seduti con i nostri pad (foglio elettronico, N.d.R.) fra le gambe, abbiamo fatto molte jam (suonata mista e improvvisata, N.d.R.) e il risultato sembrava coerente”, ha detto Jagger alla presentazione. “Lo abbiamo scritto (l’album, N.d.R.) molto velocemente. Idee sparse, qualche riff (motivo ripetuto, N.d.R.) di chitarra, e qualche verso slegato da un testo completo. Non è il modo di lavorare al quale sono abituato, ma in questo caso ha funzionato alla grande”. Vedremo, meglio, ascolteremo.
