Bineta, Wangari, Ngozi, Ellen, Were, Angélique. Hanno fatto carriere diverse, ma il loro successo personale ne ha fatto oggi delle personalità delle quali la loro terra d’origine non può più fare a meno. Sono sei, ma è come se fossero seicento. Questo è un piccolo contributo in loro onore, nella speranza che il loro esempio e il loro coraggio serva da propulsore a tutte le donne che subiscono violenze morali, fisiche, psicologiche e non solo in Africa. Le vogliamo citare una per una affinché ognuna abbia il dovuto spazio e la dovuta visibilità. Con tutta la nostra ammirazione.

Bineta Diop, ovvero l’arma della Pace in Senegal. La sua carriera si è svolta quasi tutta nell’ombra, fino a quando, nell’Aprile del 2011 il “Time” l’ha classificata tra le 100 donne più influenti del mondo. Conosciuta perlopiù negli ambienti diplomatici, si è battuta per la protezione delle donne nei periodi di conflitto in Africa. Donna dell’ombra, ma molto coinvolta nelle iniziative in favore della Pace sul continente Nero, grazie alla sua Ong “Femmes Africa Solidarité” (Fas). La sua preoccupazione: coinvolgere le donne nei processi di pace. E’ quello che per ora è riuscita a fare in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, come in tutte le zone giudicate “sensibili” (Darfur, Sierra Leone, Ruanda, Ciad, Sudan) e che sta tentando di fare nei paesi appena usciti da situazioni di guerra come la Liberia. Nel 2004 è riuscita, utilizzando tutto il peso della sua influenza, a convincere i Capi di Stato dell’Unione Africana ad applicare il principio di parità nell’elezione di cinque commissari donna sui dieci presenti nell’organizzazione: “Sono le donne che subiscono la violenza dei conflitti e sono loro che ricostruiscono e portano avanti il lavoro di riconciliazione. Per questo le donne devono far sentire la loro voce durante i negoziati”. Questo è il messaggio che ripete senza stancarsi e che ha pronunciato davanti al Consiglio di Sicurezza delle NU dov’è stata la prima donna a intervenire sul ruolo femminile nella risoluzione dei conflitti.

Wangari Maathai è soprannominata la keniota che parla agli alberi. Wangari è prima in tutto. E’ la prima della sua famiglia a essere andata a scuola, è la prima del suo paese ad aver preso un dottorato. La prima a dirigere una facoltà, la facoltà di veterinaria dell’Università di Nairobi ed è soprattutto la prima africana a ottenere il Nobel per la Pace, nel 2004, per il suo “contributo in favore dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace”. Questi tre concetti riassumono l’ideale per il quale si è sempre battuta questa donna di 71 anni, nata in una famiglia di contadini kikuyu. Quando nel suo paese cominciano ad apparire i primi mali della deforestazione senza scrupoli, Wangari fiuta il pericolo. Fonda il “Green Belt Movement” nel 1977 e pianta i primi sette alberi. Sostenuto dalle donne, oggi il movimento della Cintura verde ha piantato più di 30 milioni di alberi, diventando il più grande movimento di rimboschimento dell’Africa. “Non abbiamo il diritto di stancarci né di rinunciare” ama dire questa donna per la quale le parole ecologia, femminismo, politica, lotta per la pace e contro la povertà hanno tutte la stessa importanza.

Ngozi Okonjo-Iweala è direttore generale della Banca Mondiale, ed è conosciuta nel suo paese, la Nigeria, come la zarina dell’economia. Forse diventerà a breve ministro dell’Economia e questo preoccupa i collaboratori del neo presidente Jonathan, visto il rigore che la contraddistingue. Si fece conoscere quando il vecchio presidente Obasanjo, gli propose nel 2003 di occupare il posto di ministro delle Finanze. Da quel momento Ngozi comincia una crociata contro la povertà e la corruzione, “far sì che i proventi del petrolio fossero investiti in modo corretto per lo sviluppo delle infrastrutture, per la salute e l’educazione”. Da allora non si parla che di lei in Nigeria. Nel 2004 il “Time” la nomina eroe dell’anno. “Il mio obbiettivo è servire il mio paese grazie a quello che ho imparato”.

Ellen Johnson Sirleaf è la Lady di ferro della Liberia. Il 17 giugno, il presidente della Liberia, Ellen Johnson, riceveva con tutti gli onori a Dakar, “l’African Gender Award”, un premio per le eccellenze creato nel 1996 dall’ONG FAS.  Figura emblematica in un Paese sconvolto da anni di guerre civili, la sua formazione da economista e la sua perspicacia di donna politica ( è stata ministro delle Finanze con il presidente Tolber, prima che venisse ucciso nel 1980 durante un colpo di stato), gli permettono di battersi attivamente nella difesa dei diritti dei suoi concittadini. Dopo esser stata in prigione per aver criticato la dittatura militare di Doe, si candiada e vince le elezioni nel 2006 (il suo avversario era Weah, ex pallone d’oro) e s’impegna a “vincere la distruzione fisica e la decadenza morale che hanno portato quindici anni di guerra civile… niente abbondanza, né miracoli solo tanta buona volontà”.

Were Were Liking, la mistica. Ha formato generazioni di artisti ed è considerata da molti africani come una leggenda. Nata in Camerun, prende nel 1978 la cittadinanza ivoriana. Ad Abidjan crea il villaggio Ki-Yi M.Bock, uno spazio culturale multidisciplinare, del quale fa un vero e proprio laboratorio artistico. Accoglie ragazzi diseredati ai quali dà un futuro grazie alla musica, la danza, il teatro. E’ molto influente negli ambienti artistici internazionali. La sua produzione letteraria immensa. Durante i disordini in Costa d’Avorio, si è sentita poco e prima che la violenza arrivasse al suo zenit aveva dichiarato la sua sfiducia negli uomini politici “anche se Gesù Cristo scendesse in terra e creasse un Partito non lo sosterrei perché fallirà, come tutti gli altri… ”

Angelique Kidjo è una delle poche cantanti africane a crollare sotto il peso dei premi vinti nel mondo. Nata praticamente con l’indipendenza del Benin (Ex-Dahomey) nel 1960. Comincia a cantare nella compagnia di sua madre, la guerra nel suo Paese la fa emigrare. Il successo è immediato. Il “Guardian” la pone oggi tra le cento donne più influenti del mondo, e il “Time” la definisce “prima Diva africana”. Attraverso la fondazione “Batonga”, che ha creato per aiutare l’educazione delle ragazze in Africa, lotta per la promozione delle donne meno fortunate di lei.

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