Settimana impegnativa per il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al quale è stato necessario un particolare impegno a livello diplomatico e – come di consueto – saggezza istituzionale. Tutto è scaturito dalla situazione di grave imbarazzo in cui si è venuto a trovare il governo Berlusconi dopo che a Montecitorio – per quello che lo stesso premier ha in modo ‘lacrimevole’ definito un “incidente di percorso” – è mancato il via libera all’articolo 1 del disegno di legge di approvazione del Rendiconto generale dello Stato – che si occupa della predisposizione del bilancio di previsione e del rendiconto generale, del bilancio consuntivo dello Stato, della tenuta della contabilità, della vigilanza sulla spesa pubblica e dell’accertamento delle entrate. Non bazzecole, insomma.
Nonostante ciò l’Inquilino del Quirinale si è ritenuto “confortato del resto dalla dottrina – espressa anche nell’articolo di Valerio Onida (Presidente emerito della Corte Costituzionale, N.d.R.), da me vivamente apprezzato – che vi fosse un obbligo giuridico di dimissioni” del governo “a seguito della reiezione (mancata approvazione, N.d.R.) dell’articolo 1 del rendiconto”.
Nonostante tale disponibilità d’animo e di competenza, il Presidente della Repubblica – pur non prendendo in considerazione la caduta dell’Esecutivo nazionale – ha ritenuto, anche in base ai precedenti verificatisi in casi analoghi di votazioni su provvedimenti di particolare rilievo nell’ambito della politica generale del governo, che si procedesse a “una verifica parlamentare della persistenza del rapporto di fiducia, come lo stesso presidente del Consiglio ha fatto; anche se senza far precedere tale decisione da un atto di dimissioni, come si è invece verificato in taluni dei richiamati precedenti”.
D’altra parte per Napolitano, tenuto conto della dichiarazione da lui rilasciata la mattina di mercoledì scorso (giorno del papocchio governativo), “preoccupante istituzionalmente è il contesto più generale in cui si è inserita la mancata approvazione dell’articolo 1 del rendiconto per l’innegabile manifestarsi negli ultimi tempi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell’adozione di decisioni dovute o annunciate. Ciò non ha nulla a che vedere con una inammissibile contestazione dell’articolo 94 della Costituzione o dell’istituto del ricorso alla fiducia, che non dovrebbe comunque eccedere limiti oltre i quali si verificherebbe una inaccettabile compressione delle prerogative delle Camere”. In sostanza, pur attenendosi alle regole della Carta, diciamo noi, il Capo dello Stato ha fatto capire di non credere più alla solidità della coalizione formata principalmente da Pdl e Lega Nord.
Napolitano si è poi schierato a difesa del comportamento del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, accusato dalla maggioranza di aver tenuto una condotta non consona al suo ruolo istituzionale. Il Presidente ha invece ricordato che “premesso che non spetta al Presidente della Repubblica pronunciarsi nel merito di atti che rientrano nell’autonomia funzionale e regolamentare delle Camere, devo osservare che per quanto mi risulta il Presidente Fini ha chiesto di incontrarmi mercoledì pomeriggio su esplicita richiesta dei gruppi parlamentari di opposizione per riferirmi le loro valutazioni e posizioni politiche; non ha mancato peraltro, nel corso dell’incontro, di illustrarmi tutti gli aspetti della complessa situazione politica determinatasi a seguito della ricordata votazione – comprese le posizioni dei gruppi di maggioranza – e le difficoltà che a suo avviso potevano derivarne sulla più generale conduzione dei lavori parlamentari e sulla complessiva funzionalità delle Camere”. Un altro stop alle sconclusionate recriminazioni di un governo davvero in confusione.
Una confusione confermata dal teatrino successivo alla fiducia accordata alla maggioranza governativa – dopo l”imprevisto’ di cui sopra – messo in scena delle nomine a sorpresa di alcuni esponenti della maggioranza a partire da quella di Catia Polidori promossa viceministro al Commercio Estero, anche se la stessa ha riferito che la nomina è avvenuta “a sua insaputa”. Un valzer di ‘promozioni’ che si verifica ogni qualvolta il governo si ritrova sul filo del rasoio con la maggioranza e che quindi si presta a premiare i ‘malpancisti’ di turno. Cosa che si è ripetuta proprio durante il giorno in cui era in corso la protesta degli ‘indignati’ per manifestare contro la crisi economica e contro i costi della politica.
Detto della buona disposizione istituzionale di Napolitano, Berlusconi avverte sul suo operato lo sguardo severo – come è giusto che sia – del Presidente. Alcuni sfoghi dei fedelissimi del Cavaliere traducono lo stato d’animo di un uomo che “un giorno sì e l’altro pure deve fare i conti con l’interventismo del Quirinale”. Con un Capo dello Stato, cioè, “che punta, evidentemente, a destabilizzarlo e a metterlo in mora per favorire altri scenari politici”. Legge elettorale, Padania, Bankitalia: Napolitano “dice sempre la sua” e manda su tutte le furie Berlusconi e i suoi accoliti.
