Le proteste contro il regime di  Muammar Gheddafi nascono a metà dello scorso febbraio a Bengasi,  nell’Est del Paese. Con il progredire del movimento, i ribelli prendono il controllo dell’area intorno a Ajdabyia, città di frontiera con l’Egitto. Da parte sua, un Gheddafi arrogante, dichiara voler morire come martire in Libia e promette di schiacciare qualsiasi rivolta. Tra il 26 e il 27 febbraio, l’ONU, gli USA e l’Unione europea impongono delle sanzioni al regime di Gheddafi , che comprendono un embargo sulle armi e delle limitazioni nel viaggiare. Il 5 Marzo, l’organo dei ribelli, il Consiglio Nazionale di Transizione,  si riunisce a Bengasi e dichiara essere il solo rappresentante di questo Paese dell’Africa del Nord.  Il 10 la Francia riconosce per prima il CNT. 12 giorni dopo, il Consiglio di Sicurezza delle NU vota e da il via alla “no fly zone” sulla Libia. L’Alleanza dichiarerà in seguito che utilizzerà tutti i mezzi necessari per proteggere i civili contro l’esercito del Rais. Il 19 Marzo il primo raid aereo sotto mandato ONU ferma l’avanzata delle forze lealiste a Bengasi e vengono bombardate le forze di difesa antiaerea dei libici. 3 giorni dopo, Gheddafi dichiara che non si arrenderà e chiede i suoi partigiani di formare uno scudo umano per difenderlo.

Grazie ai bombardamenti degli Alleati, i ribelli avanzano verso Ovest dove conquistano diverse città strategiche. Il 29 Marzo ha luogo a Londra una Conferenza sulla Libia dove nasce un gruppo di contatto che ha come obbiettivo di coordinare gli sforzi politici. Ciò nonostante in seno alla coalizione nascono forti dissensi sulla pertinenza o meno di armare i ribelli. 2 giorni dopo la nascita del gruppo di contatto, non sono più gli USA, ma la NATO che comanda le operazioni. Il 10 e 11 Aprile, una delegazione dell’Unione Africana incontra Gheddafi e i ribelli per negoziare il cessate il fuoco. La proposta è accettata dal leader libico, ma non dai ribelli. Il 13 Aprile, durante un’incontro in Qatar, il “gruppo di contatto della Libia” dichiara che la soluzione al conflitto non può essere che politica e propone un supporto materiale ai ribelli. La NATO intensifica i bombardamenti, e il 30 aprile, un missile della coalizione lanciato su Tripoli uccide il più giovane dei fogli di Gheddafi e tre suoi nipoti.

Il “gruppo di contatto” si riunisce nuovamente, il 5 maggio a Roma. Viene presa la decisione di aiutare i ribelli con un fondo non militare. 11 giorni dopo, la Corte Penale Internazionale emette un mandato su Gheddafi e suo figlio Seif, per crimini contro l’umanità, mentre la NATO continua con i bombardamenti su Tripoli. L’Alleanza dichiara che la sua campagna in Libia ha indebolito l’esercito di Gheddafi e obbligato il leader a nascondersi. Il 14 Agosto, la bandiera dei ribelli sventola su Zawiyha, conquista importante vista la sua vicinanza con la capitale. Infatti, da questo momento, la capitale viene tagliata  fuori da qualsiasi comunicazione con l’esterno.  L’arrivo dei ribelli a pochi chilometri dalla capitale ha un contraccolpo psicologico di grande portata sui lealisti. Ha anche dato ai ribelli il controllo dell’autostrada  costiera che porta in Tunisia, principale via di approvvigionamento per la capitale, sia in cibo che in carburante. L’operazione “Sirena” ha inizio, i ribelli entrano nella capitale il 21 agosto e il mattino dopo marciano verso la piazza centrale, ribattezzata “Piazza dei Martiri”. Il 23 cade ufficialmente il regime del Rais. Il primo Settembre gli “amici della Libia” si riuniscono a Parigi, di Conferenza in Conferenza i combattimenti continuano.

Per due mesi si è pensato che fosse sempre l’ultimo giorno di battaglia. Da quando le brigate del CNT sono entrate a Sirte poi, si parlava di ore. E la battaglia continuava. Questa volta però le testimonianze confermano i pronostici. Il quartiere N°2, un settore di meno di un chilometro quadrato, trasformato in bastione dagli uomini di Gheddafi, è ora “pulito” e i combattenti del CNT non sono più sotto la mira dei cecchini. La domanda che ci si pone è: perché la battaglia a Sirte è durata più di un mese? Perché ci sono voluti centinaia di morti nei due campi, un centro città devastato, dove non un muro, non un palazzo è stato risparmiato dai colpi di mitragliatore, un paesaggio alla Beirut. Forse un errore strategico, armi inadeguate sicuramente, ma soprattutto Sirte è stata l’ultima grande roccaforte delle forze d’elite della brigata Khamis, dei mercenari africani e degli abitanti di Thawarga, città vicina, che ha scelto la parte sbagliata dalla quale stare ed è oggi una città fantasma, in poche parole di tutti quelli sicuri che, una volta finiti i combattimenti sarebbero stati sgozzati. Non avevano più niente da perdere, si sono battuti fino alla morte, con la forza della disperazione.

Infine alle 14.54 di oggi 20 ottobre, il CNT ha confermato le informazioni confuse che correvano da mezzogiorno: Gheddafi era stato ucciso a Sirte. Questo elemento da solo spiega la feroce resistenza della città. Il Rais era lì, bisognava salvarlo e tutto il suo entourage militare, al più alto livello, dirigeva i combattimenti. Sirte non poteva negoziare, né arrendersi. Doveva essere messa a ferro e fuoco, fino all’ultimo bunker. Quello di Muammar Gheddafi.

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